Riccardo Burigana (Venezia)
«Vi accogliamo con sincera gioia e vi ringraziamo per essere venuti a presentarci il volume La Parola del Signore: il Nuovo Testamento interconfessionale in lingua corrente. Perché questa gioia? Per molteplici ragioni. Gioia innanzi tutto perché questa nuova traduzione è il risultato della collaborazione tra l’Alleanza Biblica Universale e la Federazione Cattolica Mondiale per l’Apostolato Biblico, ed essa avrà dunque una vasta diffusione non solo in Italia, ma anche in tutte quelle regioni del mondo in cui vivono persone di lingua italiana»1.
Con queste parole Paolo VI si rivolgeva a mons. Alberto Ablondi, il 27 novembre 1976, in occasione della consegna al papa della traduzione interconfessionale del Nuovo Testamento da parte di una piccola delegazione ecumenica: la pubblicazione di questa traduzione rappresentava una tappa particolarmente significativa della nuova stagione dei rapporti tra cristiani in Italia, che si era aperta con l’annuncio e con la celebrazione del concilio Vaticano II. La traduzione interconfessionale del Nuovo Testamento si doveva, in larga misura, alla straordinaria passione ecumenica che ha accompagnato mons. Alberto Ablondi durante tutta la sua vita, dai primi anni del suo servizio sacerdotale a San Remo fino alla sua ultima fatica letteraria, un volume sulla e per la catechesi, nel quale compaiono delle significative pagine sul dialogo ecumenico2.
In questo contributo non si ha l’ambizione di ricostruire, neppure in modo sintetico, la poliedrica presenza di mons. Albondi nella Chiesa e nella società italiana, della quale egli stesso ha lasciato dei significativi ricordi in varie occasioni3, ma solo proseguire il percorso di approfondimento della conoscenza della sua opera per la promozione del dialogo ecumenico in Italia4, con la speranza di giungere, quanto prima, alla redazione di una biografia di mons. Ablondi, nella quale ricostruire, in modo analitico, il suo ruolo nel movimento ecumenico alla luce delle sue parole e dei suoi gesti.
- 1. Gli anni delle scoperte
Mons. Ablondi nasce a Milano, il 18 dicembre 1924; suo padre è un cuoco, come lo sono molti membri della sua famiglia paterna, e la professione del padre segna profondamente l’infanzia del futuro vescovo, che lascia ben presto Milano per trasferirsi a San Remo dove mons. Ablondi matura la decisione di entrare nel seminario diocesano. A distanza di tanti anni da quel passo era sempre vivo in lui il ricordo della reazione dei suoi genitori, che vedevano il loro unico figlio intraprendere una strada completamente diversa da quella che avevano immaginato; non c’era stata nessuna opposizione palese, ma una qualche recondita speranza che il giovane Alberto potesse recedere da questa sua scelta una volta conosciute le dure condizioni nelle quali si trovava il seminario della diocesi di San Remo-Ventimiglia; dopo che i genitori si erano resi conto che neanche la visita al seminario aveva prodotto l’effetto sperato, cioè la rinuncia di mons. Albondi a entrare in seminario, avevano posto una sola condizione al figlio: Alberto, già brillante studente, doveva dare gli esami all’università statale oltre completare gli studi in seminario. Per i tempi era una richiesta anomala, perché lasciava intravedere l’idea che fosse tenuta aperta una strada alternativa nel caso che venisse meno la vocazione sacerdotale e quindi si concludesse l’esperienza in seminario. La fedeltà a questa richiesta comportò un doppio massacrante lavoro di studio da parte del giovane mons. Alberto Ablondi, che ebbe così una formazione completamente diversa da quella dei suoi compagni di seminario; in quegli anni maturarono molti degli interessi che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita, come la passione per lo studio dell’archeologia.
L’ordinazione sacerdotale, il 31 maggio 1947, e la laurea in lettere, conseguita con risultati tanto lusinghieri da provocare l’assegnazione di una borsa di studio per proseguire gli studi di archeologia in Spagna, fanno quindi parte di un cammino di formazione che segna profondamente il giovane sacerdote, che diventa rapidamente a San Remo un punto di riferimento per la comunità locale, con la sua nomina a parroco di Santa Maria degli Angeli, soprattutto per i giovani, che incontra grazie all’insegnamento liceale e al suo coinvolgimento nella FUCI.
Proprio a questi anni di San Remo, nei quale è ancora vivo il ricordo dell’attività ecumenica del pastore Ugo Janni (1865-1938), risalgono i primi passi del suo impegno ecumenico. Nel 1952, infatti, il giovane don Ablondi inizia a incontrare i pastori delle comunità riformate presenti in città proponendo loro una lettura comune della Scrittura: ottiene il permesso di intraprendere questa iniziativa dal suo vescovo Agostino Rousset (1887-1965), non senza qualche difficoltà, dal momento che il permesso arriva dopo alcune risposte negative alle richieste fatte dal giovane mons. Ablondi, che non esita a portare a sostegno di questa sua richiesta i più recenti documenti del Sant’Uffizio sul dialogo ecumenico con i quali si affidava al vescovo la decisione di permettere incontri con gli «acattolici». Le prime riunioni si svolgono in albergo, in un clima non facile che risente dei silenzi e delle incomprensioni che avevano segnato i rapporti tra cristiani per secoli. Lentamente però, anche grazie all’opera di mons. Ablondi, si crea un clima di cordialità e con alcuni di amicizia, che favorisce il superamento di tanti pregiudizi. A distanza di anni, nel cercare una spiegazione logica a questa sua iniziativa, che costituisce una rarità in epoca pre-conciliare, Ablondi attribuiva questo suo giovanile interesse per l’unità della Chiesa alle letture di una serie di teologi francesi, sensibili al dialogo ecumenico; egli si era avvicinato a questi autori grazie alla sua frequentazione con la libreria sanremese tenuta da Maria Pia Piazzelli, dove era possibile trovare le novità della teologia d’oltralpe. Alla sua attenzione al dialogo ecumenico non doveva essere estranea anche la sua partecipazione all’Azione Cattolica, dove aveva conosciuto mons. Emilio Guano (1900-1970), una delle menti più attente in Italia al rinnovamento teologico in atto in Europa, del quale cercava di riprendere istanze ecclesiologiche e bibliche nella sua opera di formazione del laicato; con mons. Guano mons. Ablondi stabilisce rapidamente un rapporto di «figliolanza spirituale»5, che pesa in modo fondamentale nel suo cammino di giovane prete.
Da San Remo mons. Ablondi segue con interesse il Vaticano II, del quale mons. Guano diventa rapidamente un assoluto protagonista, cogliendone gli aspetti del rinnovamento teologico-pastorale, nel quale ritrova molti degli elementi che lo hanno guidato nella sua azione quotidiana nella catechesi, nel dialogo con i giovani, nella lettura personale della Sacra Scrittura. L’improvviso peggioramento delle condizioni di salute di mons. Guano, che gli impediscono di prendere parte all’ultima sessione del Vaticano II, facendo mancare il suo prezioso contributo nella revisione finale della costituzione pastorale Gaudium et spes6, impongono la presenza di un vescovo ausiliare in grado di accompagnarlo nel suo magistero a Livorno: il 9 agosto 1966 mons. Ablondi viene eletto vescovo titolare di Mulli, diventando contemporaneamente vescovo ausiliare di Livorno e amministratore apostolico della diocesi di Massa Marittima. Quest’ultima nomina sembra rispondere alla politica della riduzione delle diocesi, che avrà qualche effetto anche in Toscana negli anni post-conciliari, ma che in questo caso non provocherà nessun cambiamento dal momento che la diocesi di Massa Marittima non verrà unita a quella di Livorno. Le centinaia di biglietti di congratulazioni e di auguri che mons. Ablondi riceve per la sua ordinazione7, sono un segno tangibile dell’affetto e della stima che lo circondano, nel momento in cui viene consacrato vescovo, a Sanremo, nel mercato dei fiori, il 1 ottobre 1966.
L’arrivo a Livorno segna un’ulteriore svolta nel cammino personale di mons. Ablondi dal momento che determina una maggiore comprensione della centralità della dimensione ecumenica nella testimonianza della fede in Cristo. A Livorno, oltre che proseguire la conoscenza diretta dello spirito e della lettera del Vaticano II grazie alla profonda comunione e alla quotidiana frequentazione con mons. Guano, Ablondi ha la possibilità di entrare in contatto con quel «catalogo dell’ecumenismo», che caratterizza la città fin dalla sua rifondazione alla fine del XVI secolo. Negli anni in cui affianca e sostiene mons. Guano i suoi interventi pubblici sono segnati da un profondo rispetto per la figura del vescovo malato, costretto a lunghi periodi di degenza in ospedale, lontano da Livorno. Diventato vescovo di Livorno il 26 settembre 1970 alla morte di mons. Guano, la sua azione in favore del dialogo ecumenico a livello locale si fa più presente8, mentre matura in lui una sempre maggiore attenzione alla centralità della Scrittura nella costruzione dell’unità della Chiesa. Ben presto comincia a essere notato nell’episcopato italiano, alle prese con la prima recezione del concilio Vaticano II, sotto la guida prima del card. Giovanni Urbani (1900-1969), patriarca di Venezia, e poi del card. Antonio Poma (1910-1985), arcivescovo di Bologna. Mons. Ablondi entra a far parte della Commissione della CEI per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso nel triennio 1972-1975 per assumerne la presidenza nel 1976: sono gli anni nei quali si pongono le premesse per giungere alla prima traduzione interconfessionale in lingua corrente della Bibbia.
- 2. Per una traduzione interconfessionale della Bibbia
Il concilio Vaticano II aveva chiaramente indicato la strada per promuovere la traduzione interconfessionale della Scrittura in lingua materna: «Poiché, però, la parola di Dio deve essere a disposizione di tutti in ogni tempo, la Chiesa cura con materna sollecitudine che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, di preferenza a partire dai testi originali dei sacri libri. Se, per una ragione di opportunità e col consenso dell’autorità della Chiesa, queste saranno fatte in collaborazione con i fratelli separati, potranno essere usate da tutti i cristiani»9. Si trattava di un’indicazione molto precisa che, in alcuni paesi, consentiva di fare alla luce del sole, quello che già da anni i cattolici facevano insieme ad altri cristiani per favorire la lettura della Scrittura, rendendola accessibile a tutti i credenti. In altri paesi le indicazioni del Vaticano II dovevano aprire una nuova stagione, dal momento che si auspicava non solo la lettura della Bibbia in lingua materna, ma addirittura la collaborazione tra cattolici e cristiani di altre confessioni per una traduzione comune. Tra quest’ultimi paesi si può annoverare anche l’Italia dove proprio il ricorso alla traduzione in lingua materna della Sacra Scrittura, soprattutto nel XX secolo, era stato oggetto di un aspro scontro dialettico tra i cristiani di diversa confessione, soprattutto tra i cattolici e i valdesi, con immagini e argomenti che richiamavano alla memoria le polemiche del XVI secolo10. Una nuova sollecitazione alla traduzione della Scrittura era data dal procedere della Riforma liturgica e per questo la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) aveva nominato una commissione, presieduta dal cardinale Ermenegildo Florit (1901-1985), arcivescovo di Firenze, che aveva fama di studioso della Scrittura anche per il suo ruolo nella redazione della Dei Verbum, per la traduzione della Bibbia. La commissione aveva cercato, con molta cautela, un contatto con la Società biblica, arrivando ad accarezzare l’idea di promuovere una traduzione comune, ma le trattative non erano andate a buon fine per l’impossibilità di condividere la traduzione in alcuni punti, sui quali vi erano visioni teologiche tanto diverse.
In questo contesto, segnato dal recente fallimento di questo tentativo, mons. Ablondi decise di riprendere in mano il progetto per una traduzione interconfessionale della Scrittura rilanciando l’idea di promuovere, in questo modo, non solo il dialogo ecumenico in Italia, ma la stessa recezione del Vaticano II, quale elemento di rinnovamento della vita della Chiesa Cattolica. La scelta di partire dal Nuovo Testamento nell’opera di traduzione, pienamente condivisa anche dal pastore valdese Renzo Bertalot (1929-), direttore per l’Italia della Società Biblica Britannica e forestiera11, si rivelò particolarmente azzeccata, tanto più che si decise di procedere alla traduzione di un libro in occasione del Giubileo del 1975 in modo da potere offrire questo primo risultato della collaborazione ecumenica a tutti i pellegrini italiani che sarebbero giunti a Roma, facendo loro dono di questa traduzione. Per questo mons. Ablondi, insieme a qualche altro volontario, distribuirono in piazza san Pietro, più volte, la traduzione della lettera di Giacomo, strappando anche un sorriso a Paolo VI, come era solito ricordare mons. Ablondi nel rievocare quest’azione ecumenica, dal momento che cristiani di confessioni diverse si trovarono insieme a distribuire la Parola di Dio per la prima volta da secoli nella storia d’Italia. Nella traduzione interconfessionale della Scrittura, così come nella sua distribuzione mons. Ablondi potè contare sull’appoggio e sul sostegno del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche), fondato, presieduto e animato da Maria Vingiani (1921-)12; non è facile stabilire a quando risalgono i primi rapporti tra mons. Ablondi e Maria Vingiani, ma è indubbio che proprio in questi anni venne a consolidarsi una sintonia ecumenica che avrebbe caratterizzato il movimento ecumenico in Italia per molti decenni.
Dopo la pubblicazione del Nuovo Testamento e un’intensa campagna per la sua presentazione e per la sua circolazione venne rafforzandosi la collaborazione tra cattolici e riformati nella traduzione della Scrittura in Italia. Anche grazie a quest’opera di collaborazione, nel 1983, nasce la Società Biblica in Italia, della quale il vescovo di Livorno diviene vice-presidente. Pur coinvolto in altri organismi della CEI e quindi non più direttamente nella Commissione per l’ecumenismo dal 1979, mons. Ablondi continua a operare nel campo ecumenico, soprattutto per quanto riguarda l’apostolato biblico: nel 1984 diventa presidente della Federazione universale per l’apostolato biblico, che anche grazie alla sua azione diventerà la Federazione biblica cattolica, con una collaborazione, a livello locale e internazionale, con l’Alleanza biblica universale, della quale Ablondi viene nominato vicepresidente per l’Europa. Nel 1985 viene pubblicata la traduzione interconfessionale della Bibbia, presentata, tra gli altri, al presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che espresse il proprio compiacimento per quanto i cristiani stavano imparando a fare insieme non solo per l’unità della Chiesa, ma anche per la crescita culturale e spirituale dell’Italia13.
- 3. Il Vescovo dell’ecumenismo
Nel 1985 mons. Ablondi viene eletto presidente del Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI, tornando a occuparsi direttamente del dialogo ecumenico a livello nazionale. Per anni mons. Ablondi diventa il punto di riferimento del movimento ecumenico in Italia, promuovendo una stagione nella quale si aprono delle prospettive che erano impensabili fino a qualche anno prima. Non è questa la sede per ripercorrere le molte azioni promosse da mons. Ablondi, sostenuto in questo da un ristretto gruppo di vescovi, con i quali si crea un rapporto di amicizia che va ben oltre la collaborazione ecumenica; sarebbe sufficiente rileggere gli atti dei convegni nazionali per i delegati per l’ecumenismo, organizzati dalla Commissione, per cogliere gli elementi di profonda novità introdotti da mons. Ablondi, in qualità di presidente, nella formazione all’ecumenismo, nella pastorale ecumenica, nel rapporto tra dialogo ecumenico e dialogo interreligioso; con spirito profetico mons. Ablondi intuisce l’importanza del dialogo con il mondo islamico, in tempi nei quali la presenza islamica in Italia è ben lontana dalle dimensioni attuali14. In questi anni nasce anche un rapporto privilegiato con Giovanni Paolo II, anche in seguito alla visita del papa a Livorno; si tratta di un rapporto ancora tutto da ricostruire, che però indica una profonda sintonia su alcuni temi, come la riflessione ecumenica, come si può cogliere dalla lettura dell’appassionato commento che mons. Ablondi fa dell’enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II15. Di questa stagione ecumenica, nella quale il Segretariato della CEI assume un ruolo fondamentale, sono almeno due gli atti che vanno ricordati per il loro valore ecumenico e per la loro incidenza nella vita della Chiesa in Italia: la creazione di una Commissione mista tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa valdo-metodista e l’istituzione di una giornata per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico da parte della CEI.
Nel 1988 la Chiesa valdo-metodista accetta la proposta del Segretariato della CEI per la creazione di una Commissione mista, che inizia i propri lavori il 3 marzo 1989, prendendo la decisione di approfondire il tema dei matrimoni misti; la scelta di affrontare questo tema, sul quale il SAE e gruppi locali avevano iniziato una riflessione da anni rispondeva anche al desiderio di discutere un aspetto non secondario dei rapporti ecumenici, con il chiaro tentativo di superare una situazione che tanto aveva avvelenato la vita delle Chiese. Nel corso di quasi un decennio di lavori la Commissione mista produce due documenti16: il primo è Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti in Italia. Questo documento, approvato dall’Assemblea generale della CEI e dal Sinodo nel 1997, presenta quello che i cristiani possono dire insieme sul matrimonio, dal racconto della creazione, all’amore coniugale, alla fedeltà, alla famiglia e ai figli, al rapporto famiglia, chiesa e società e infine alla natura del matrimonio interconfessionale. Il Testo comune affronta anche le differenze e le divergenze tra cristiani su alcuni aspetti del matrimonio, come la sacramentalità, l’indissolubilità, la fecondità e la procreazione, l’educazione religiosa dei figli. Presenta poi le conseguenze pratiche della diversità pastorale e disciplinare tra cattolici e valdesi, mentre nella parte conclusiva offre delle indicazioni e degli orientamenti sulla pastorale, riconoscendo l’impegno delle chiese e descrive la preparazione al matrimonio, la sua celebrazione secondo la forma canonica, l’ordinamento valdese e le norme presso le autorità civili e i matrimoni senza effetti civili, per concludere con alcune considerazioni pastorali sulle coppie interconfessionali.17 La Commissione mista non conclude i suoi lavori con la redazione di questo testo; infatti viene nuovamente convocata, pur con qualche modifica significativa nella sua composizione, per procedere alla redazione di un secondo schema di carattere più prettamente pastorale. Questo documento, Testo applicativo del testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti, ha un iter redazionale meno accidentato del precedente e quindi nel 2000 si giunge alla sua approvazione18. Di entrambi mons. Ablondi, pur con vesti diverse nel corso degli anni, da presidente del Segretariato per il dialogo ecumenico a vice-presidente della CEI, partecipa alla redazione, portando il suo contributo, che è fatto di ascolto e di amicizia, necessarie a superare i momenti di impasse nei lavori della Commissione, ma anche la sua determinata volontà a giungere a un documento che sappia presentare ciò che già unisce da un punto di vista teologico e ciò che si può fare in comune da un punto di vista pastorale. Il rilievo che mons. Ablondi attribuisce a questa esperienza, lo si coglie anche da alcuni gesti significativi che scandiscono gli oltre dieci anni dell’attività della Commissione mista; tra questi pare opportuno anticipare il fatto che mons. Ablondi desidera che la conclusione della redazione/revisione del Testo applicativo coincida con l’inaugurazione ufficiale del Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano a Livorno, il 10 gennaio 2000.
Negli stessi anni dell’avvio dei lavori della Commissione mista cattolica e valdo-metodista si rafforza il dialogo con la comunità ebraica, anche per l’amicizia che lega mons. Ablondi e il rabbino Elio Toaff (1915-), originario di Livorno; proprio la storia di Livorno gioca un ruolo fondamentale nell’azione di mons. Ablondi, sostenuto nella riscoperta dell’importanza del dialogo con gli ebrei per il dialogo ecumenico, anche questa volta, dal SAE e dagli ambienti che evocano lo spirito del Vaticano II, dove il cardinale Agostino Bea (1881-1968) si era battuto proprio per la presenza di una dichiarazione sul popolo ebraico nello schema sui principi cattolici dell’ecumenismo. Il fatto che il concilio non avesse approvato il progetto di Bea, tanto da promulgare un decreto sull’ecumenismo e separatamente una dichiarazione sulle religioni non-cristiane, nella quale era confluito il testo sull’ebraismo, non aveva messo fine alla riflessione sulla necessità di radicare il dialogo ecumenico sulla conoscenza del popolo ebraico, che ne era uscito, per certi versi, rafforzato dal momento che si pensava che i padri conciliari non avessero compreso fino in fondo l’importanza del progetto del cardinale Bea proprio per la novità di questa riflessione, che invece doveva costituire un elemento centrale nella promozione della recezione del Vaticano II.
Nel definire l’ipotesi di una giornata dedicata interamente alla conoscenza del popolo ebraico pesava anche il desiderio di mons. Ablondi, come di molti altri cattolici, di esprimere pubblicamente una condanna, in senso positivo, delle forme di antisemitismo che tornavano ad affacciarsi, ciclicamente, nella società contemporanea, oltre che formulare un giudizio negativo su quanto era stato fatto nel passato più o meno recente di discriminatorio nei confronti del popolo ebraico19.
Anche la discussione per l’istituzione di una giornata per il dialogo con l’ebraismo non ebbe un iter facile, per una serie di fattori, e ci volle tutta la capacità diplomatica e persuasiva di mons. Ablondi per giungere all’istituzione di questa giornata; alla fine la CEI stabilì che dal 1990 i cattolici avrebbero dovuto celebrare una giornata per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico, il 17 gennaio, alla vigilia dell’apertura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Nella scelta della data del 17 gennaio riemergeva l’idea di indicare il dialogo ebraico-cristiano quale premessa necessaria e imprescindibile per il dialogo ecumenico, collocandola così alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Seppure l’istituzione di questa giornata fosse opera della sola Conferenza Episcopale Italiana, ben presto il 17 gennaio divenne una data del calendario ecumenico dal momento che in molti luoghi, a cominciare dalla stessa città di Livorno, questa giornata venne preparata e vissuta dai cristiani e dagli ebrei insieme, assumendo un significato che andava ben oltre l’idea della celebrazione dell’amicizia ebraico-cristiana.
Non è facile seguire l’intensa attività ecumenica di mons. Ablondi, che nel 1995 viene eletto vice-presidente della CEI: in molti leggono questa nomina come un esplicito riconoscimento a quanto ha fatto e sta facendo per la promozione del dialogo ecumenico in Italia e nel mondo, dopo che è stato chiamato a far parte del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani ed è venuto intensificando la sua azione per la promozione della conoscenza della Scrittura nel mondo, anche grazie al profondo rinnovamento della Federazione Biblica Cattolica, della quale è il presidente, visitando paesi e aprendo frontiere impensabili. La sua partecipazione alle prime due assemblee ecumeniche europee, a Basilea (1989) e a Graz (1997), mostrano l’autorevolezza che egli ha raggiunto nel mondo ecumenico tanto da portare in Europa alcune delle intuizioni, fatte proprie dalla Chiesa in Italia, come l’attenzione peculiare al dialogo ebraico-cristiano per la promozione della dimensione ecumenica della testimonianza di fede. Questa intensa attività che lo porta spesso in giro per il mondo, va letta in parallelo con le iniziative locali delle quali è il promotore: a Livorno e in Toscana non fa mai mancare la sua voce e la sua presenza in occasione di incontri di riflessione e momenti di preghiera ecumenica, lanciando una serie di proposte per approfondire la comunione tra i cristiani, come quella dell’istituzione prima di un Consiglio di Chiese cristiane e poi, anche alla luce delle difficoltà incontrate a livello regionale, così come a livello nazionale per la realizzazione di questa idea, di un forum dei cristiani che possa riunirsi regolarmente per affrontare insieme le questioni ecumeniche che coinvolgono più direttamente i cristiani della Toscana, e per creare un percorso di formazione ecumenica, che egli ritiene fondamentale per il rinnovamento della Chiesa.
All’inizio degli anni ’90 comincia a manifestarsi la malattia che avrebbe pesantemente condizionato i movimenti di mons. Ablondi; anche per questo il 14 aprile 1993 la Santa Sede nomina il salesiano Vincenzo Savio (1944-2004), vescovo ausiliare di Livorno, dietro indicazione di mons. Ablondi che conosce e stima Savio fin dai suoi primi soggiorni livornesi, al tempo del diaconato20. Nel corso degli anni, soprattutto durante il periodo nel quale Savio è stato parroco della Chiesa del Sacro Cuore di Livorno, è cresciuta una profonda sintonia tra i due, anche in relazione alla celebrazione del sinodo diocesano. Il 30 maggio 1993 la consacrazione di mons. Savio è una grande festa della città di Livorno, che comincia a pensare al tempo nel quale mons. Ablondi non sarà più vescovo di Livorno, pur sapendo che lui rimarrà sempre a Livorno, come ha detto e ripetuto mille volte.
- 4. In pensione anche dall’ecumenismo?
Il 9 dicembre 2000 Giovanni Paolo II accoglie le dimissioni di mons. Ablondi da vescovo di Livorno, nominando al suo posto mons. Diego Coletti (1941-); contestualmente mons. Savio viene trasferito alla sede di Belluno-Feltre, lasciando così il suo ruolo di vescovo ausiliare di Livorno. Si conclude così una stagione della Chiesa livornese e inizia la «pensione» di mons. Ablondi, ormai vescovo emerito di Livorno, che comincia a pensare a sé stesso come un «nonno» della comunità cristiana livornese.
La nuova condizione di mons. Ablondi sembra dargli una maggiore libertà nel proseguire la sua azione a favore del dialogo ecumenico tanto più che, dall’ottobre 1999, è attivo il Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano (CeDoMEI) che è stato pensato da un gruppo di soci fondatori, che comprende mons. Pietro Giachetti (1922-2006), vescovo di Pinerolo, mons. Clemente Riva (1924-1999), vescovo ausiliare di Roma, mons. Luigi Sartori (1924-2007), teologo della diocesi di Padova, mons. Vincenzo Savio e Maria Vingiani, oltre che mons. Ablondi, proprio per raccogliere la memoria storica dei pionieri del dialogo ecumenico in Italia e per promuovere un dibattito franco e scientifico sulle questioni aperte nel campo della teologia ecumenica. Il progetto per l’istituzione del CeDoMEI è stato discusso nell’autunno del 1998 dal gruppo dei soci fondatori, che, fin da questa riunione, indicano in mons. Ablondi il presidente della nascente istituzione. Il Centro viene poi presentato ufficialmente a un gruppo di vescovi e di teologi nel giugno 1999, a pochi giorni dalla prima visita di Carlo Azeglio Ciampi, appena eletto presidente della Repubblica, al quale mons. Ablondi e mons. Savio parlano del progetto di creare un luogo per lo studio della memoria e della teologia del dialogo ecumenico, riprendendo in questo anche lo spirito con il quale è stata rifondata Livorno nella seconda metà XVI secolo. Il CeDoMEI, come abbiamo anticipato, viene inaugurato il 10 gennaio 2000, alla presenza di mons. Giuseppe Chiaretti (1933-), arcivescovo di Perugia, in quel momento presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della CEI. Nel dicembre 2000, mons. Ablondi presenta il CeDoMEI a mons. Coletti, da pochi giorni eletto vescovo di Livorno, spiegandogli la natura e gli scopi; dopo poche settimane dal suo ingresso a Livorno mons. Coletti conferma mons. Ablondi presidente a vita del CeDoMEI, che può così proseguire la propria attività appena iniziata. La costante presenza di mons. Ablondi plasma i programmi del CeDoMEI, che viene così sviluppando una biblioteca specializzata, un archivio della memoria storica del movimento ecumenico italiano, anche grazie alla documentazione e alle testimonianze orali depositate dai soci fondatori, pubblica una rivista semestrale (Oecumenica Civitas), della quale mons. Ablondi è il direttore responsabile, una collana multimediale di documenti e di fonti per il dialogo ecumenico (Oecumenica Italica); il CeDoMEI organizza seminari e convegni internazionali, in un clima di amicale fraternità, che mons. Ablondi arricchisce con la sua presenza che va ben oltre la meditazione con la quale è solito aprire e chiudere questi incontri che diventano occasioni di formazione e di riflessione, con un livello di partecipazione che ben presto travalica i confini regionali. Tra le priorità del CeDoMEI, accanto alla formazione ecumenica, tanto da immaginare una serie di iniziative, alcune delle quali non riescono a venir concretizzate, ma che manifestano la sua straordinaria vivacità intellettuale, mons. Ablondi indica la necessità di coinvolgere i giovani nel cammino ecumenico; per questo si spende per attivare delle borse di studio che consentano un periodo di studio presso il CeDoMEI all’interno dei progetti storico-teologici che si stanno definendo in linea con gli scopi del Centro e con un’attenzione particolare con il territorio21.
L’intensa attività del CeDoMEI, che prevede anche la schedatura della biblioteca di mons. Ablondi e del suo archivio personale, tiene occupato mons. Ablondi che però vuole continuare a prendere parte agli incontri nazionali, nonostante l’avanzare della malattia che gli impone delle forti limitazioni. Questi incontri non sono solo occasioni per rivedere gli amici, invitandoli a Livorno, come nel caso del secondo convegno ecumenico nazionale, a Viterbo, sulle Beatitudini (6-8 febbraio 2003) o per il convegno internazionale per il 40° anniversario della promulgazione della Dei Verbum, organizzato dalla Federazione Biblica, a Roma, (14-16 settembre 2005), al termine del quale mons. Ablondi può personalmente salutare Benedetto XVI. I convegni sono anche momenti nei quali rivolgere un appello per tenere vive le speranze per l’unità della Chiesa in un tempo nel quale mons. Ablondi avverte una certa stanchezza nel movimento ecumenico22.
La celebrazione dell’80° compleanno, il 18 dicembre 2004, è un giorno di festa per la chiesa e per la città di Livorno che si raccoglie intorno a mons. Ablondi: per il mondo ecumenico italiano diventa un’occasione per dire grazie al vescovo emerito di Livorno per quanto ha fatto in tanti anni; la pubblicazione di una miscellanea è un segno tangibile della riconoscenza di tanti che sono stati formati e continuano a essere formati dai suoi scritti e della sua testimonianza della centralità del dialogo che nasce dall’amicizia. A questa festa non prende parte mons. Savio, che ha lasciato questo mondo il 31 marzo del 2004, dopo una dolorosa sofferenza23; nel giro di pochi anni scompaiono anche mons. Giachetti (2006) e mons. Sartori (2007), tra i soci fondatori del CeDoMEI, dopo che nel 1999 era morto mons. Riva24.
Mons. Ablondi comincia così a pensare a una nuova struttura del CeDoMEI, interrogandosi su quale possa essere la strada per rendere il Centro sempre più a servizio della Chiesa a livello nazionale, tanto più ora che si vive una stagione completamente nuova nel dialogo ecumenico, per la nascita di così tante comunità cristiane non-cattoliche in seguito all’immigrazione. Si tratta di una preoccupazione che si fa sempre più viva in lui, anche perché la malattia limita fortemente i suoi spostamenti, tanto da costringerlo a lasciare la presidenza della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale della Toscana, che i vescovi toscani gli avevano chiesto di mantenere anche nella sua condizione di emerito25. Il progetto per un ripensamento del CeDoMEI, del quale rimangono molte idee e qualche appunto, non giunge a piena maturazione, anche per la nomina di mons. Coletti a vescovo di Como, lascia la diocesi di Livorno per quasi un anno senza vescovo; il nuovo vescovo, che entra in diocesi nel dicembre 2007, porta rapidamente a molti cambiamenti logistici e strutturali nel CeDoMEI, ponendo così mons. Ablondi in una situazione nuova.
Lasciato definitivamente il CeDoMEI nel dicembre 2008, con una lettera pubblica26 indirizzata al card. Walter Kasper (1933-), presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, a mons Vincenzo Paglia (1945-), presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI, e a mons. Simone Giusti (1955-), da poco meno di un anno vescovo di Livorno, mons. Ablondi decide di tornare a occuparsi di catechesi, pensando a un percorso fatto di tappe per un dialogo tra Dio, la Chiesa e l’uomo. Fino agli ultimi giorni della sua vita. Pur nella sempre crescente difficoltà di movimento e di comunicazione, mons. Ablondi viene elaborando un progetto che prevede una serie di schede tematiche, che affrontino aspetti della vita quotidiana e dell’esperienza ecclesiale, sempre alla luce del testo biblico; in queste schede non mancano i riferimenti al dialogo ecumenico. Un capitolo è interamente dedicato all’ecumenismo, dallo scandalo della divisione alla valutazione dei segni del presente per un futuro migliore, nel quale ascoltare la voce dello Spirito Santo che chiama all’unità; in un altro capitolo viene riprodotta la corrispondenza tra mons. Ablondi e il pastore valdese Klaus Langeneck dei mesi precedenti con la quale i due si proponevano di rilanciare il dialogo ecumenico a livello locale per verificare quanti passi erano stati fatti insieme e quanti se ne potevano fare abbandonando paure e timori. Oltre a questa corrispondenza in quest’ultima fatica letteraria di mons. Ablondi trova spazio anche la traduzione di un’appassionata lettera di una fedele ortodossa russa, che si era imbattuta in un libro di mons. Ablondi, tradotto in russo,27 scoprendo una spiritualità e una pastoralità che mai avrebbe immaginato nel mondo cattolico28.
Sarebbe però riduttivo circoscrivere la dimensione ecumenica di quest’ultima opera di mons. Ablondi in questi tre capitoli, che pur significativi di sensibilità e di interessi, devono essere letti all’interno di una riflessione ben più ampia nella quale si colloca anche questo volume. Infatti per mons. Ablondi il dialogo ecumenico va perseguito ai massimi livelli proprio per costruire l’unità visibile della Chiesa passando attraverso il superamento delle contrapposizioni secolari, ma l’ecumenismo va vissuto, soprattutto, nella quotidianità dell’esperienza di fede, a partire dalle proprie comunità. In questo il magistero episcopale di mons. Ablondi è esemplare perché in ogni suo gesto e in ogni suo scritto, pubblico o privato, si può riconoscere questa sua vocazione al dialogo con l’altro, tanto più con il cristiano con il quale condividere la responsabilità dell’annuncio e della testimonianza di Cristo.
Note
1 Paolo VI, Insegnamenti, vol. XIV, Città del Vaticano 1977, pp. 982-983. Il discorso di Paolo VI era stato preceduto da un intervento di mons. Ablondi e seguito dalle parole di Ulrich Flick, segretario generale dell’Alleanza Biblica Universale; questi due interventi si trovano alle pp. 984-986.
2 A. Ablondi, A passo d’uomo verso il divino, Brescia 2009.
3 Tra i numerosi interventi mi piace ricordare una lunga intervista al quotidiano livornese «Il Tirreno» del 1997 e al volume A. Ablondi, Mai latitante né invadente… una chiesa. Saggi di esperienze pastorali, Leumann (To) 2005. A questi interventi, oltre agli appunti manoscritti e alle registrazioni di numerosi incontri tra chi scrive e mons. Ablondi negli anni del comune lavoro al Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano (1999-2008), si fa riferimento in questo intervento.
4 Sull’opera di mons. Ablondi in campo ecumenico rinvio ad alcune considerazioni preliminari, pubblicate da chi scrive, in occasione del 80° compleanno di mons. Ablondi, R. Burigana, Dall’amicizia al dialogo. Appunti per una biografia di monsignor Alberto Ablondi, in Dall’amicizia al dialogo. Saggi in onore di monsignor Alberto Ablondi, a cura di R. Burigana, V. Bertalot, G. Bof e A. Fabris, Roma, 2004, pp 489-503. Alcune considerazioni sul movimento ecumenico in Italia, G. Cereti Il movimento ecumenico in Italia, in J. Ernesti, Breve storia dell’ecumenismo. Dal cristianesimo diviso alle Chiese in dialogo, Bologna, 2010, pp. 127-138 e R. Burigana, Breve storia dell’unionismo e dell’ecumenismo, in Cristiani d’Italia, a cura di A. Melloni, Roma (in corso di pubblicazione).
5 Per una presentazione complessiva, pur del tutto provvisoria, della figura di mons. Emilio Guano, L. Rolandi, Emilio Guano. Religione e cultura nella Chiesa italiana del Novecento, Soveria Mannelli, 2001; di questo volume mons. Ablondi redige la prefazione (pp. 11-13). Per una raccolta di testi di mons. Guano, negli anni del suo più intenso impegno nell’Azione cattolica, E. Guano, Lettere di amichevole intesa (1942-1955). Verso la pienezza dell’amore, Roma, 1980 e E. Guano, Cultura e responsabilità. Lettere a docenti (1946-1963), Roma, 1981.
6 Sul ruolo fondamentale di mons. Guano nella redazione della Gaudium et spes e di conseguenza nella sua azione in concilio, G. Turbanti, Un concilio per il mondo moderno. La redazione della costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Vaticano II, Bologna, 2000. Appare però quanto meno riduttivo identificare la partecipazione di mons. Guano al Vaticano II con il suo contributo alla Gaudium et spes, dal momento che egli si segnalò, fin dalla fase preparatoria, nella Commissione per l’apostolato dei laici, con una serie di interventi particolarmente interessanti per lo sviluppo della riflessione teologica.
7 Tutti questi biglietti, in copia, sono depositati nell’archivio del Centro per l’Ecumenismo in Italia a Venezia, nella sezione dedicata al Movimento Ecumenico in Italia.
8 Di questi anni si possono ricordare alcuni interventi di mons. Ablondi sul La Settimana, il periodico della diocesi di Livorno, A. Ablondi, Signore, insegnaci a pregare: Padre Nostro… in «La Settimana», 8/2 (1973), pp. 1-2, Riconciliazione delle Chiese, in «La Settimana», 8/48 (1973), pp. 1-2, e Tappe e mete dell’Ecumenismo in Italia, in «La Settimana», 10/3 (1975), pp. 1-2.
9 Dei Verbum n° 22; nella vasta letteratura sulla Dei Verbum, su questo punto rinvio ad alcune mie considerazioni di qualche anno fa, La Parola di Dio nella Chiesa. Appunti sulla ricezione della costituzione Dei Verbum del concilio Vaticano II, in Réceptions de Vatican II. Le concile à l’épreuve de l’histoire et des espaces humains, ed. par G. Routhier, Leuven, 2004, pp. 73-89. Per il più recente studio sulla Dei Verbum, pur limitato alla fase preparatoria del concilio, K. Schelkens, Catholic Theology of Revelation on the Eve of Vatican II. A Redaction History of the Schema De fontibus revelationis (1960-1962), Leiden, 2010.
10 Nell’ampia letteratura sulle traduzioni italiane della Scrittura dopo il concilio di Trento (1545- 1563), rimando a un breve, ma significativo intervento del salesiano don Carlo Buzzetti, a lungo docente della Pontificia Università Salesiana, impegnato in prima persona nel mondo delle traduzioni interconfessionali, C. Buzzetti, La traduzione della Bibbia e il Concilio di Trento. Decisioni e/o conseguenze, in «Salesianum», 71 (2009), pp. 473-490. Con questa citazione voglio anche ricordare lo studioso e il costruttore di unità, quale è stato don Buzzetti, a poche settimane dalla sua prematura scomparsa.
11 Nella sua vasta produzione bibliografica Renzo Bertalot, a lungo docente presso l’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia, oltre che in altre istituzioni accademiche cattoliche, ha lasciato alcune testimonianze della sua attività ecumenica a Venezia, R. Bertalot, L’ecumenismo veneziano degli anni Sessanta, in Tra fede e storia, a cura di N. Benatelli, Venezia, 2000, pp. 77-81; R. Bertalot, L’eco della laguna, in Dall’amicizia al dialogo. cit, pp. 131-142. Per i suoi settant’anni la Società Biblica in Italia gli ha dedicato una miscellanea Al servizio della Parola. Tradurre la Bibbia in dialogo con le Chiese, a cura della Società Biblica in Italia, Roma, 2006. In questa miscellanea si può leggere la più aggiornata versione della sua bibliografia, R. Sgarbossa, Renzo Bertalot: curriculum e pubblicazioni, in Al servizio della Parola… cit., pp. 207-215.
12 Sulla figura di Maria Vingiani, M. Vingiani, Il SAE: una esperienza di ecumenismo laicale, in San Luca Evangelista. Testimone della Fede che unisce, volume 3 Ecumenismo, tradizioni storicoliturgiche, iconografia e spiritualità, a cura di F. G.B. Trolese, Padova, 2004, pp. 27-38; si tratta di un intervento, edito per la prima volta nel 1998, sul quale Maria Vingiani è tornata più volte con modifiche e integrazione; ora è consultabile anche nelle pagine web del SAE nazionale. Copia di una parte della corrispondenza Ablondi-Vingiani è presente nell’archivio del Centro per l’Ecumenismo in Italia.
13 Sulla traduzione interconfessionale della Bibbia, A. Ablondi, Presentazione della Bibbia interconfessionale al Presidente della Repubblica, in «Lettera di collegamento», n° 8 (08/12/1985), pp. 13-14. Sull’esperienza della Traduzione interconfessionale in lingua corrente (TILC) della Bibbia R. Bertalot, Bibbia interconfessionale e impegno ecumenico, in Riconciliazione cristiana e formazione ecumenica in Italia oggi, Riano, 1986, pp. 40-44; C. Ghidelli, La traduzione della Bibbia importante momento di collaborazione ecumenica, in «Lettera di collegamento», n° 8 (1985), pp. 11-12; C. Ghidelli, Una esperienza ecumenica eccezionale: la traduzione della bibbia in lingua corrente, in La formazione ecumenica della chiesa particolare, Riano, 1988, pp. 53-57; R. Bertalot, La Bibbia interconfessionale in lingua corrente (TILC): un’esperienza ecumenica in Italia, in La Bibbia lacerata. L’interpretazione delle Scritture cammino di unione dei cristiani, a cura di E. Bianchi, Milano, 2002, pp. 97-104; C. Buzzetti – C. Ghidelli, Una traduzione biblica italiana nell’ecumenismo, in «Salesianum», 66 (2004), pp. 51-69.
14 Sulla necessità della conoscenza del mondo musulmano per i cristiani mons. Ablondi dedicherà alcune interessanti riflessioni all’interno di un seminario nazionale promosso dalla Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (La presenza dell’Islam in Italia, Roma, 24-26 febbraio 1989); per l’intervento di mons. Ablondi, A. Ablondi, Il dialogo cristiano-musulmano, in «Lettera di collegamento», n° 19 (10/06/1989), pp. 3-4.
15 Il commento di mons. Ablondi alla enciclica Ut unum sint è disponibile, in formato digitale, presso il Centro per l’Ecumenismo in Italia di Venezia. Sui rapporti con Giovanni Paolo II si può vedere qualche ricordo di mons. Ablondi, anche se rimane tutta da ricostruire e da valutare la rete di contatti, soprattutto in campo ecumenico, che ha profondamente legato il papa polacco con il vescovo di Livorno, A. Ablondi, I miei vent’anni con papa Wojtyla, in «Il Tirreno», 15 ottobre 1998, pp. 1.10.
16 Per il testo dei due documenti I matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti in Italia, Bologna, 2001.
17 Per alcune indicazioni bibliografiche sul documento del 1997, M. Sodi, Matrimoni tra cattolici, valdesi e metodisti. Un dialogo che parte dal matrimonio per una pastorale d’insieme, in «Rivista Liturgica», 84 (1997), pp. 415-425; sui matrimoni interconfessionali è interessante leggere due autorevoli interventi dei vescovi tra i più impegnati nella redazione del documento della Commissione all’inizio dell’iter redazionale, P. Giachetti, Matrimoni interconfessionali e “Dialogo” cattolico valdese a Roma, in Per una “nuova” pastorale ecumenica, Roma, 1990, pp. 114-117; C. Riva, Commissione «Matrimoni misti», in «Lettera di collegamento», 21 (1990), pp. 9-10. Per una presentazione della situazione, M. Polastro, Matrimoni misti, in La Diocesi di Pinerolo e l’ecumenismo. Cattolici e Valdesi: dalla intolleranza al dialogo, Pinerolo, 1996, pp. 51-60 e il successivo, Matrimoni misti interconfessionali. Documenti delle Chiese 1970-2000, a cura di M. Polastro – I. Vicentini, Pinerolo, 2005.
18 M. Polastro, Una pastorale della «libertà» e della «responsabilità», in I matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti in Italia, Bologna, 2001, pp. 42-52; F. Coccopalmerio, Il testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti, in «Rivista Diocesana Pinerolese», 69/2 (2001). pp. 40-47; L. Lorusso, I matrimoni misti tra cattolici e valdesi. Testo comune e Testo applicativo, in «O’Odigos», 21/3 (2002), pp. 3-9. Le carte relative alla partecipazione di mons. Francesco Coccopalmerio e di don Mario Polastro alla redazione del secondo documento sui matrimoni interconfessionali della Commissione cattolico-valdese sono state depositate presso l’Archivio del Centro per l’Ecumenismo in Italia di Venezia.
19 Solo per evocare le preoccupazioni italiane, stigmatizzate da mons. Ablondi, per la presenza di fenomeni antisemiti nella società europea, CEI discuterà venerdì il testo sull’antisemitismo, in «La Repubblica», 18.05.1988, pg. 5 e O. La Rocca, Caso Auschwitz. Il Vescovo Ablondi critica Macharski, in «La Repubblica», 19.08.1989, pg. 6.
20 Sulla vita di mons. Vincenzo Savio si può vedere una prima ricostruzione biografica, talvolta dal tono eccessivamente agiografico, A. Miscio, Vincenzo Savio. La meravigliosa avventura di un vescovo sorridente, Leumann (To), 2008; per una raccolta dei suoi scritti livornesi, V. Savio, Abbiamo bisogno di tutti, a cura di R. Burigana, Livorno, 2007.
21 Per un quadro puramente informativo sulle attività del CeDoMEI (1999-2007) si possono vedere alcuni contributi di chi scrive, Oecumenica Civitas, la voce del CeDoMEI, in «Oecumenica Civitas», 0 (2000) pp. 3-4; Il Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano (CeDoMEI) di Livorno, in «Segretariato per l’Ecumenismo e il Dialogo. Lettera di collegamento», n° 38 (2002), pp. 101-105 e «Volare alto», in Mons. Vincenzo Savio. Sono contento di Dio, Zingonia (Bg), 2009, pp. 103-108.
22 Per comprendere la valutazione che mons. Ablondi dava dello stato del dialogo ecumenico è particolarmente interessante, A. Ablondi, Ecumenismo, sconvolti ma non disperati, in «Toscana Oggi», 12 gennaio 2003.
23 Sull’esperienza della malattia, U. Folena, Il vescovo e margherita. Vincenzo Savio sorride anche nella malattia, Milano 2004; Per una delle poche occasioni pubbliche nelle quali mons. Ablondi ha ricordato mons. Savio, si può leggere l’intervista di Nicola Sangiacomo, Vincenzo Savio nei ricordi di Ablondi, in «Toscana Oggi», 8 aprile 2004.
24 Per un ricordo di mons. Riva da parte di mons. Ablondi, A. Ablondi, Riva, l’uomo della speranza, in G. Maritati – F. Condò, Clemente Riva, vescovo del dialogo, Stresa, 2000, pp. 121-123.
25 Sulla presidenza di mons. Ablondi di questa commissione regionale, limitatamente agli anni 2000-2005, si può consultare una raccolta di documentazione (lettere di convocazione, verbali delle riunioni, progetti) presso l’Archivio del Centro per l’Ecumenismo in Italia di Venezia.
26 Il testo della lettera di mons. Ablondi è stato pubblicato dal quotidiano livornese «Il Tirreno» l’8 dicembre 2008; qualche considerazione sulle vicende legate alla lettera, M. Zucchelli, Scontro sull’ecumenismo, Ablondi lascia, in «Il Tirreno», 8 dicembre 2008, pg. 12.
27 Si tratta di A. Ablondi, No, una predica no! Dialogo fra giovani e il vescovo Ablondi, Roma, 19953.
28 A. Ablondi, A passo… cit., pp. 41-55 (Ecumenismo, tornare indietro per guardare oltre), pp. 57-82 (Lettere con il pastore) e pp. 83-91 (Una voce dall’Ortodossia).
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