Toscana Oggi n.35 del 5 Ottobre 2008
Speciale Fondazione Giovanni Paolo II
di Gualtiero Bassetti (*)
Gerusalemme e, più in generale, la Terra Santa, ossia i luoghi che sono stati il teatro della mirabile opera di Dio compiuta nell’Incarnazione del suo Figlio, sono da millenni terre fra le più martoriate, contese, insanguinate della Terra; eppure, ogni volta che ho la grazia di ritornarvi – l’ultima lo scorso mese di agosto alla guida di un grande pellegrinaggio della mia diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro – avverto aleggiare, come in nessuna altra parte del mondo lo Spirito di Dio.
Ne è testimonianza il numero rilevantissimo di fedeli che ha accolto l’invito al pellegrinaggio diocesano: oltre trecento persone, fra cui moltissimi giovani, hanno scelto di trascorrere le proprie ferie estive in Israele e Palestina, percorrendo passo a passo le orme di Gesù, della Santa Famiglia, nonché dei profeti e dei patriarchi, in un viaggio che è stato caratterizzato dalla preghiera, dall’ascolto della Parola di Dio, dalla scoperta dei luoghi del Vangelo e della Bibbia aiutati dalle indagini storiche e archeologiche.
In certo qual modo, si è trattato anche di un pellegrinaggio penitenziale. E ciò grazie non solo alla guida esperta dei sacerdoti accompagnatori e di Padre Rodolfo Cetoloni, vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, ma anche alla situazione concreta incontrata in Terra Santa, non sempre agevole a causa dei rigidi sistemi di sicurezza adottati dagli israeliani e dal clima che, nel mese di agosto, non ha certo lesinato caldo e umidità. Il fascino dei luoghi e l’emozione di camminare sulle vie di Gesù, però, hanno consentito che tutto si svolgesse con serenità, senza difficoltà e problemi, garantendo – per me sorprendentemente – che l’intenso programma del pellegrinaggio fosse rispettato puntualmente dai trecento pellegrini, divisi lungo i dieci giorni in sette gruppi.
Di questo pellegrinaggio, del quale ancora gusto con gli occhi del cuore le immagini e ricordo le emozioni provate, mi colpiscono due riflessioni che ho avuto modo di condividere anche con gli altri pellegrini, molti dei quali hanno desiderato parlare con me, confidarsi, confessarsi, offrendomi tante ragioni di consolazione e di speranza, ma anche molte ansie e preoccupazioni da affidare alla preghiera della nostra comunità.
La prima è la situazione dei cristiani di Terra Santa. Il perdurante conflitto israelo-palestinese logora le comunità cristiane (e dunque, intendo anche i cristiani non cattolici), costringendo molti ad emigrare lontano dalle loro terre d’origine. Negli ultimi decenni si è assistito ad un progressivo abbandono da parte dei battezzati anche delle città, per lo più palestinesi, dove tradizionalmente si registrava una significativa presenza cristiana come Betlemme, e la situazione si è aggravata ulteriormente con la seconda intifada del 2000. Immaginiamo cosa potrebbero divenire i luoghi di Gesù e della Chiesa nascente senza la presenza di comunità vive?
In occasione del pellegrinaggio abbiamo avuto modo di incontrarci direttamente con le comunità cattoliche, abbiamo ascoltato il nuovo Patriarca di Gerusalemme monsignor Fouad Twal, che sarà nostro ospite nel mese di ottobre, abbiamo incontrato le comunità francescane alle quali la Chiesa deve essere in ogni tempo grata per aver conservato nei secoli la custodia dei luoghi più significativi della missione terrena del Figlio di Dio: ebbene, nei loro volti e nelle loro parole, abbiamo sentito ancora una volta l’invito di san Paolo, più volte ripetuto nelle sue Lettere, a non dimenticarci mai della Chiesa di Gerusalemme, facendoci promotori di iniziative di carità per i nostri fratelli cristiani e, soprattutto, a favorire con sempre maggiore intensità e frequenza pellegrinaggi in Israele e Palestina, poiché quelle comunità hanno bisogno di essere incontrate e di sentirsi parte essenziale della Chiesa che è nel mondo. E questo impegno suona per la mia diocesi in misura particolare, visto che una delle mie concattedrali e una delle mie città – Sansepolcro – è dedicata al ricordo del Santo Sepolcro di Cristo e da sempre ha visto in Gerusalemme e nella Terra Santa la propria radice religiosa, storica e culturale.
In secondo luogo, mi piace segnalare come ogni anno che passa i luoghi santi, spesso portati ad esempio delle difficoltà che incontra il cammino ecumenico fra le Chiese e le confessioni cristiane intrapreso con il Concilio Vaticano II, facciano registrare notevoli passi in avanti, così che i rinnovati rapporti personali fra i pastori delle Chiese che hanno in custodia le principali basiliche cristiane consentono di leggere in maniera nuova le rigidità ereditate dal cosiddetto status quo, e di cogliere nella varietà di riti, preghiere, tradizioni elementi di una ricchezza che preghiamo che lo Spirito Santo possa riunire in un’unica famiglia.
(*) Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
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