Inclusione, educazione, tutela della biodiversità. Nella Terra di Gesù, due giovani cooperanti danno vita ad un Circolo Laudato si’ e insieme ai salesiani di Cremisan e al VIS si impegnano a diffondere una cultura ecologica. Veronica: l’unione tra fedi diverse può fare la differenza e trasformare questo luogo in un’oasi di pace e salvaguardia ambientale.
Cecilia Seppia – Città del Vaticano, 19 Luglio 2022
“Oggi è tempo di missione ed è tempo di coraggio! Coraggio di rafforzare i passi vacillanti, di riprendere il gusto dello spendersi per il Vangelo. È tempo di coraggio, anche se avere coraggio non significa avere garanzia di successo. Ci è richiesto il coraggio per lottare, non necessariamente per vincere; per annunciare, non necessariamente per convertire. Ci è richiesto il coraggio per essere alternativi, senza però mai diventare polemici o aggressivi”. Sono parole che Papa Francesco pronunciava all’Angelus del 23 ottobre 2016 e che Veronica Coraddu ha fatto sue fin da giovanissima, quando all’età di 19 anni lascia la sua amata Sardegna per trasferirsi a Roma e iniziare un percorso di missione e cooperazione. Insieme al suo futuro marito, Fabio Palumbo, cooperante del VIS – Volontariato internazionale per lo Sviluppo – comincia a girare il mondo, l’Africa soprattutto: dal Malawi, alla Tanzania al Sud Sudan, fino ad approdare in Palestina, a Betlemme, dove ha dato vita con altri animatori al primo Circolo Laudato si’ in Terra Santa. 35 anni, mamma di 2 bimbi, durante la pandemia ha deciso anche di prendersi una laurea in Lingue e Culture per la mediazione linguistica, iniziando a frequentare corsi on line. A questa giovane donna il coraggio non manca di certo, così come la passione per le tematiche ambientali, perciò ha deciso di buttarsi a capofitto in questa nuova sfida. “La Terra Santa è bellissima – racconta Veronica – trasuda storia ad ogni angolo ma manca di aree verdi e non c’è molto rispetto per l’ambiente che è il primo dei beni comuni; spesso lungo le strade si incontrano cumuli di spazzatura, la gente getta rifiuti dalle auto in corsa; manca una cultura ecologica, per questo noi vogliamo impegnarci a diffondere il messaggio di Papa Francesco, invitando i cristiani cattolici e ortodossi, i fratelli musulmani, e chiunque abbia desiderio a cooperare per difendere la Casa che Dio ci ha dato”.
Semi di speranza
Il Circolo di Betlemme è stato presentato ufficialmente lo scorso 13 maggio, Giornata Mondiale della Terra, durante l’inaugurazione del Parco Cremisan, realizzato nell’area del convento Salesiano a Beit Jala: un progetto co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo (AICS) e realizzato da alcune ong, tra cui VIS, “Pro Terra Sancta” e “Fondazione Giovanni Paolo II”; in prima linea ovviamente ci sono i salesiani di Don Bosco presenti a Cremisan da 130 anni, che con la collaborazione del Joint Service Council for Solid Waste Management del Governatorato di Betlemme, hanno sempre rivolto il loro impegno, sulle orme del loro fondatore, verso l’educazione dei giovani, speranza e promessa di cambiamento in tutti i campi, anche in quelli toccati dal testo di Francesco. All’apparenza potrebbe sembrare un qualunque parco giochi ma questo luogo è molto di più: è la possibilità concreta di dare gioia a bambini e ragazzi, di farli crescere insieme, oltre le differenze.
È un segno di pace e di riconciliazione, un modo per valorizzare il contesto urbano e per implementare l’attrazione verso l’ecologia, oltre che “scuola” a cielo aperto dove fare educazione ambientale e imparare a conoscere la biodiversità palestinese, ancora così trascurata. Guglielmo Giordano, direttore AICS in Palestina ha affermato: “L’importanza del progetto risiede sostanzialmente nello spirito di inclusione. Questo è un Paese in cui si cerca soprattutto di caratterizzare le differenze mentre il progetto vuole chiamare a quello che ci uguaglia, che ci rende simili e l’infanzia, i bambini, sono uguali dappertutto”. “Giocando – ha aggiunto Luigi Bisceglia, rappresentante VIS in Palestina – vogliamo che loro possano rendersi consapevoli di quanto sia importante rispettare l’ambiente e nello stesso tempo abbiamo voluto celebrare il fatto che finalmente c’è un nuovo parco giochi, all’interno di un’area verde, che è a disposizione di tutte le famiglie di tutto il Governatorato di Betlemme”. Non è mancato anche il commento di don Alejandro León, Ispettore salesiano per il Medio Oriente: “Cremisan – ha detto – tante volte è nelle notizie come un posto di divisione, un posto conteso, e noi vogliamo che diventi un’oasi di pace, un’oasi d’incontro, un’oasi di conoscenza, riconoscendo – come direbbe Papa Francesco – che abbiamo una Casa comune. Che sia un posto in cui i giovani, possano crescere in questa solidarietà con la natura, fra di loro e magari anche nel buon rapporto tra loro e Dio”.
La testimonianza di Veronica
In questo contesto, il primo Circolo Laudato si’ in Terra Santa, grazie al contagio del Circolo di Roma “Nelle Selve” e alla missione del VIS, ha messo le sue radici con l’obiettivo di spargere in questi territori il seme dell’ecologia integrale. “È successo tutto molto velocemente – prosegue Veronica –. Senza pensarci su due volte quando mi è stato chiesto di dar vita a questa iniziativa, ho risposto di sì e adesso ho nella testa tante idee da realizzare. Siamo pochi è vero, giovani per giunta, ma l’entusiasmo non manca così come la volontà di mettere a servizio della Casa comune i nostri talenti, animati dallo stesso spirito di san Francesco. All’inaugurazione del Parco Cremisan per la prima volta ci siamo presentati alla comunità e l’accoglienza è stata molto buona. Con i bambini abbiamo fatto delle attività con dei materiali di recupero, piantato delle piccole piantine di fragole, riciclando le bottiglie di plastica e cominciato a far conoscere loro la biodiversità di questa terra così amata”. Veronica si considera un ponte tra culture diverse e saluta con gioia l’adesione al Circolo da parte di una giovane palestinese: “In questa città – spiega – i cattolici sono una minoranza, il 90 per cento della popolazione è rappresentata da musulmani, ma questa sproporzione anziché scoraggiarci, ci rende ancora più volenterosi nel voler portare avanti questa sfida. Inoltre Betlemme per noi cristiani ha un significato profondo: qui è dove è cominciata la storia d’amore e di salvezza. Gesù è nato qui, questi luoghi sono tutti segnati dalla sua presenza viva, sono luoghi dove lui ha predicato, ha camminato, c’è il deserto delle Tentazioni alle nostre spalle, ed è un peccato che questa terra sul fronte ambientale sia un po’ ‘maltrattata’, la gente deve capire che la tutela del patrimonio storico-artistico non può essere disgiunta dalla cura dell’ambiente, della natura”.
Inclusione e dialogo
Veronica ha le idee piuttosto chiare e comprende benissimo il ruolo del dialogo interreligioso per la pace certo, ma anche per vincere sfide comuni: “Essere qui con un Circolo Laudato si’, è come dar lode a Dio, come faceva san Francesco nel Cantico delle Creature, per tutto ciò che ci circonda, ma questo messaggio va riscoperto insieme. Bisogna stimolare le persone con una nuova linfa. Vogliamo dare concretezza allo spirito di inclusione e al concetto che nessuno si salva da solo, inoltre far comprendere che l’unione tra fedi diverse, anche in tema di ambiente, può fare la differenza”. Veronica sente sua questa missione e nel cuore ha impresso il monito di Papa Francesco ad ascoltare il grido della Terra e dei poveri. “Le parole di Francesco sono un forte incoraggiamento – afferma – ma anche un indirizzo già preciso, poi sta a noi far fiorire idee e iniziative e come tutti i Circoli Laudato si’, calandoci nella realtà di Betlemme, vogliamo portare passione, diffondere i valori necessari alla cura del Creato, fare educazione ecologica, ma anche rimboccarci le maniche e, perché no, metterci a ripulire questa città dalla spazzatura, senza dimenticare la preghiera e gli incontri di eco-spiritualità. Questa non è una città ecologica, si spreca e si consuma tanta plastica, non c’è la cultura della raccolta differenziata e per le strade spesso assistiamo ad uno sfregio con sporcizia ovunque. Ed è difficile anche trasferire ai più piccoli, a cominciare dai miei figli, che non bisogna sporcare, inquinare, sprecare che bisogna fare piccole scelte coraggiose, ogni giorno. Quello che più mi spinge ad operare è la necessità di ascoltare il grido dei poveri. Noi abbiamo scelto radicalmente, dopo il Sud Sudan, di essere veramente una famiglia missionaria e se porti in giro il bene, il bene circola e noi vogliamo costruire anche qui una rete di cura della Casa comune”.
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