L’omelia del vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro al funerale di monsignor Giovannetti nella cattedrale aretina. Tra i concelebranti il cardinale Betori e il cardinale Bassetti
Oggi alle 15.30 si è svolto il funerale del vescovo emerito di Fiesole Luciano Giovannetti nella cattedrale di Arezzo, sua diocesi di origine dove da tempo risiedeva. Ha presieduto la celebrazione il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro Andrea Migliavacca: tra i concelebranti il cardinale Giuseppe Betori e il cardinale Gualtiero Bassetti. Dopo la celebrazione il feretro è partito per Fiesole dove verrà esposto nella cattedrale di San Romolo e domani, alle 15.30, ci sarà una cerimonia funebre e la sepoltura in cattedrale. Ecco il testo integrale dell’omelia di monsignor Migliavacca.
La diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e la diocesi di Fiesole, insieme alle Chiese che sono in Toscana sono in lutto per la morte del vescovo Luciano Giovannetti, avvenuta sabato 29 giugno.
La presenza in questa celebrazione del cardinale Betori e del cardinale Bassetti, insieme agli altri vescovi legati per tante ragioni a mons. Luciano, con la partecipazione di tanti preti e di tutti voi fedeli è il segno dell’affetto che ci legava al vescovo Giovannetti e del cordoglio di tutta la nostra comunità.
Avevamo pensato che sarebbe stato bello festeggiare in questa cattedrale i 90 anni del vescovo Luciano, il prossimo 12 luglio. Già in tanti avevano aderito per fare festa con il vescovo e fargli sentire la nostra gratitudine e il nostro affetto. La chiamata del Signore a tornare alla casa del Padre è giunta prima di quella data e ci fa pensare che la festa, per mons. Luciano, era stata preparata in cielo, nell’incontro con l’amore misericordioso del Padre. Lo accompagniamo oggi nella preghiera di questo rito funebre per fargli sentire la stessa gratitudine e lo stesso affetto che avremmo condiviso con lui.
Non può non colpire la nostra attenzione la data della sua morte, il 29 giugno. Quello stesso giorno, ottant’anni prima, il piccolo Luciano che era nato il 26 luglio 1934, era accanto all’altare di Civitella, vicino a don Alcide Lazzeri, in quella tremenda giornata dove si compì l’efferato eccidio di tanti innocenti e dal quale, per la provvidenza di Dio, il piccolo chierichetto di allora si era salvato. Don Luciano ha sempre portato nel cuore quella giornata e la memoria delle tante vittime innocenti, con particolare legame per quel prete, don Alcide, che con le sue parole e con la sua testimonianza aveva dato la vita per la sua gente, con la speranza anche di poterla salvare. Da don Alcide il piccolo Luciano aveva subito compreso il senso vero dell’avventura umana e in particolare della vita del prete che è donare la vita per la Chiesa e per il popolo di Dio, per la gente. La testimonianza di don Alcide ha sempre guidato la vita di Luciano nel suo diventare prete e poi vescovo. Una vita donata nell’amore per la Chiesa e per il bene delle persone a lui affidate.
Il vescovo Luciano muore proprio quel giorno, ottant’anni dopo il giorno della strage di Civitella, quasi a chiudere idealmente una parabola di vita. Pensiamo che nel misterioso corso dei segni che accompagnano la vita umana il giorno della morte del vescovo Luciano, il 29 giugno, manifesti come la sua esistenza si compia proprio nel ricongiungersi con coloro che nel 1944, davanti ai suoi occhi, avevano perso tragicamente la vita, quasi a mostrare la solidarietà con loro che per tutta la vita ha accompagnato l’esistenza di mons. Luciano. E ci racconta di una vita una vita spesa per la giustizia, per custodire la memoria e promuovere pace e riconciliazione.
Ispirandoci alla Parola di Dio che è stata proclamata vogliamo raccogliere come essa accompagni noi e la nostra Chiesa in questo momento e soprattutto come sia capace di illuminare la vita di questo luminoso vescovo che oggi salutiamo. Così recita il suo motto episcopale “in luce Christi”, indicando da dove viene tale testimonianza luminosa.
La pagina evangelica presenta il racconto di alcune possibili sequele del Signore Gesù. Al primo che gli dice “ti seguirò dovunque tu vada”, il Signore ricorda che “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” e al secondo che sembra attardarsi nella sequela Gesù ribatte: “Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.
E’ una pagina che ci mostra la radicalità e la decisività della sequela del Signore. Andare dietro a Lui, seguire Gesù è affare di tutta la vita ed è una scelta totalizzante che deve abitare il tutto del vivere, scelte, affetti, operosità, progetti, legami. Il vangelo ci dice che è urgente seguire il Signore, accogliere la sua Parola, lasciare che ci guidi Lui e portare l’annuncio evangelico e si sottolinea come questa sequela diventa la vita tutta, con una dedizione piena, totale, generosa, decisiva, definitiva.
Il vescovo Luciano è per noi un testimone vero di questa vita vissuta come sequela del Signore a tal punto che diventa la vita tutta, il senso del proprio vivere.
Dopo le scuole elementari, mons. Giovannetti entrò in seminario ad Arezzo dove completò, con profitto e stima da parte dei superiori, il suo curriculum scolastico fino alla teologia. Il 15 giugno 1957 fu ordinato, con altri 6 compagni, sacerdote da parte del Vescovo mons. Giovanni Cioli.
Il suo primo incarico fu quello di cappellano nella parrocchia di Laterina, dove era parroco mons. Ottavio Tinti che poi fu vicario generale della Diocesi.
In seguito gli fu assegnato il compito di rettore del collegio Serristori a Castiglion Fiorentino, dove rimase per alcuni anni. Dopo questa esperienza, fu chiamato a ricoprire il ruolo di Rettore del Seminario diocesano, compito che visse con grande intelligenza e dedizione per tanti anni, fino al 15 febbraio 1978 quando venne nominato vescovo ausiliare della nostra diocesi, con l’ordinazione episcopale celebrata l’8 aprile 1978 e con l’attenzione a lui richiesta di curarsi in modo particolare di quella che era stata la diocesi di Cortona. Il 27 maggio 1981 venne eletto vescovo di Fiesole dove fece il suo ingresso il 6 settembre 1981. Svolse con generosità e dedizione il suo ministero episcopale nella diocesi di Fiesole fino al 13 febbraio 2010 divenendo vescovo emerito di Fiesole. Fu per tanti anni segretario della Conferenza episcopale toscana, oltre ad altri compiti nella Chiesa italiana, come per la Fondazione Giovanni Paolo II per il dialogo, la cooperazione e lo sviluppo.
Sono le tappe più importanti della vita di mons. Luciano che custodiscono il racconto di una vita tutta dedicata al vangelo, all’annuncio della Parola, al servizio nella Chiesa e per la Chiesa.
Per lui la sequela del Signore, quell’andare dietro a Gesù di cui ci parla oggi il vangelo, è davvero il racconto di tutta la sua vita.
La pagina del profeta Amos ha fatto risuonare tra di noi la parola di minaccia e di punizione di Dio verso un popolo infedele e lontano dal Signore. La denuncia del profeta mette in luce che il popolo non vive la misericordia, l’attenzione ai più deboli, l’accoglienza dei poveri e dei miseri, dimenticando l’amore che Dio ha avuto per loro.
Il peccato del popolo, da cui l’annuncio della minaccia di Dio, è un peccato di memoria. Al popolo il profeta ricorda la parola del Signore: “Io vi ho fatto salire dalla terra d’Egitto e vi ho condotti per quarant’anni nel deserto, per darvi in possesso la terra dell’amorreo”. La vera parola di Amos non si esaurisce nell’annuncio di una punizione, ma nel riaccendere la memoria del popolo sull’amore di Dio per loro. Per questo è mandato il profeta, perché il popolo faccia memoria e scopra oggi l’amore di Dio, la sua cura, la sua provvidenza, la sua presenza nella vita e nel cammino di quella gente.
Il profeta è mandato per annunciare l’amore di Dio nella vita del popolo santo.
Non facciamo fatica a vedere in questo compito il ministero del vescovo Luciano.
La sua parola e la sua testimonianza sono state capaci di mostrare e annunciare le esigenze della volontà di Dio, della sua Parola e del legame con Lui. Il cuore dell’annuncio e del ministero da prete prima e poi da vescovo però è sempre stato l’annuncio dell’amore di Dio, della sua misericordia, della vicinanza del Signore a tutti e soprattutto a chi più era nel bisogno e nella fragilità.
Mons. Luciano aveva il dono della delicatezza del tratto umano. Cordiale di animo, attento a custodire con cura le relazioni e i legami della vita, capace di ascolto al punto da diventare guida spirituale per tanti preti, ministero svolto poi soprattutto con il ritorno ad Arezzo, come vescovo emerito.
Già in seminario come rettore aveva mostrato questo tratto della sua umanità con il quale sapeva molto bene mostrare l’amore di Dio. Sapeva come entrare nel cuore delle persone a lui affidate, comprendendone le difficoltà e i momenti di crisi, con un consiglio sapiente e mai giudicante che permetteva a ogni alunno prima e poi a tanti preti e alla gente di trovare la propria strada.
Questo è stato il suo stile anche nella vita di pastore della chiesa di Fiesole: un vescovo attento alla vita, delicato nel tratto e nella relazione umana, sensibile e capace di ascolto, determinato nelle scelte necessarie per il bene della Chiesa.
Già nel suo servizio di rettore in seminario e poi con grande decisione da vescovo non ha mai mancato di portare la fresca ventata del Concilio Vaticano II. Egli era profondamente convinto della luce nuova che il Concilio portava nella vita della Chiesa e ne è diventato convinto annunciatore e servitore.
Così rileggiamo il suo ministero di pastore: egli non ha fatto mancare la sua voce di profeta nella comunità, riportando sempre alla memoria dell’amore e della fedeltà di Dio.
La pagina della lettera di Pietro infine ci consente di dire una ultima parola sulla vita del nostro vescovo Luciano. Risuona la parola di Pietro: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge”.
Accade di sentire queste parole normalmente come un invito per noi pastori, vescovi, preti a vivere questa generosità, questa fecondità e questo stile nel nostro servire la Chiesa. Oggi questa parola ci parla della vita di un vescovo che ha concluso il suo pellegrinaggio terreno mostrandoci il cuore e la luminosità del suo ministero. Riascoltando queste parole di Pietro scorrono davanti agli occhi parole, gesti, momenti, incontri che il vescovo Luciano ha vissuto nella sua vita.
È il cammino di un profeta, di un pastore che ha amato e guidato la Chiesa e che è stato amato. Sono personalmente testimone della vicinanza e dell’affetto di tanta gente e di tanti preti per il vescovo Luciano, una vicinanza che in Lui ha sempre sentito e riconosciuto la presenza di un padre.
Ora egli va incontro al Signore lasciando a noi la testimonianza gioiosa di una vita spesa per il vangelo, il seme per il dono di nuove vocazioni al sacerdozio di cui sempre si è preso cura, l’amore per la Chiesa, il popolo di Dio per cui è dono e grazia spendere e donare la vita. Lo accolga e lo custodisca anche la Madonna del conforto che ha vigilato su di lui fin dal giorno della sua nomina a vescovo e lo abbracci con il suo amore di Madre.
Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
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