di Giacomo Gambassi, sabato 10 dicembre 2022
Le difficoltà di spostamento, la pandemia, le tensioni continue: nella città della Natività crescono le difficoltà. Da quindici anni l’impegno della Fondazione toscana “Giovanni Paolo II”
Sono tornati a lavorare finalmente. E a mostrare ancora una volta che si può vincere la disabilità anche in un angolo complesso del mondo come Betlemme. Sorridono i “ragazzi” del Centro padre Piccirillo, anche se la loro età è variegata. Fra le mani hanno gli abbozzi degli oggetti dell’artigianato tipico palestinese che hanno il compito di assemblare. E che poi saranno venduti ai pellegrini. «Per loro non si tratta solo di una fonte di reddito ma anche di una via di realizzazione personale», racconta padre Ibrahim Faltas che della struttura è il direttore. Poco distante escono da scuola i duecento alunni dell’Istituto Effetà che, nonostante le ristrettezze economiche, rimane un’eccellenza. Il caos rumoroso fa pensare a tutto fuorché al particolare che tutti siano sordi. E soprattutto racconta il “miracolo” che il plesso voluto da Paolo VI continua a compiere: quello di restituire la parola a bambini e adolescenti che non ce l’hanno. E nella vicina Casa della pace i locali sono affollati di ragazzi «che, chiusi dal muro di separazione, non hanno alcun svago», sottolinea padre Faltas. Tre “laboratori” di speranza nella città della Natività, legati all’Italia da un ponte di solidarietà che ha un nome preciso: Fondazione Giovanni Paolo II. È la onlus per lo sviluppo e la cooperazione nata grazie alle diocesi della Toscana che compie 15 anni. Un anniversario che verrà celebrato oggi 10 dicembre a Firenze a partire dalle 10 nel salone Brunelleschi all’Istituto degli Innocenti con l’incontro dal titolo “Costruiamo il futuro”.
«C’è bisogno di essere accanto alla Terra Santa non solo affettivamente ma anche effettivamente», spiega il vescovo Luciano Giovannetti, emerito di Fiesole, a cui si deve il lancio della Fondazione di cui rimane presidente onorario. «È stata la strutturazione di un percorso iniziato dieci anni prima», ricorda il presule. In una domenica di agosto del 1997. «Eravamo seicento pellegrini fiesolani in Terra Santa. Arrivati a due chilometri da Betlemme, con la visione di uno splendido tramonto, ci hanno comunicato che non era possibile entrare in città perché c’era il blocco totale. Siamo scesi dagli autobus e lungo la strada abbiamo celebrato la liturgia di Natale». Intanto le immagini della preghiera davanti ai soldati israeliani cominciavano a fare il giro del Medio Oriente e poi del mondo. «Giunti allo scambio della pace, improvvisamente ci è stato concesso il permesso di entrare. Siamo stati accolti con grande gioia dalla popolazione dopo oltre un mese di isolamento. E, tornati in Italia, abbiamo letto quel segno come un invito a coltivare il nostro interesse verso la terra del Signore». Prima con incontri, testimonianze e pellegrinaggi. Poi con azioni concrete. Un cammino che nel 2022 taglia il traguardo dei 25 anni.
«Oggi la Terra Santa fa meno notizia», afferma l’emerito di Grosseto, il vescovo Rodolfo Cetoloni, frate minore francescano e profondo conoscitore dei luoghi di Cristo. C’era anche lui, come guida, allo storico evento del 1997. E da vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza ha contribuito al varo della Fondazione di cui è vice-presidente. «Betlemme continua a essere una delle zone che soffre di più e ha maggiori problemi: si toccano con mano le tensioni fra la realtà israeliana e quella palestinese; si vive l’esperienza del muro, quindi della separazione; si fa ancora i conti con i postumi della pandemia che si è abbattuta come un macigno sui territori più fragili con gravi ripercussioni economiche soprattutto sui cristiani che hanno sempre avuto nei pellegrinaggi una fonte di sostentamento». Ecco perché la “Giovanni Paolo II” ha scelto il Natale per promuovere una campagna di prossimità alla Terra Santa e in particolare a Betlemme, insieme con Avvenire che ne è media partner. «La riteniamo un’opportunità per vivere la “fede delle opere” e per compiere un gesto di vicinanza concreta verso i fratelli più disagiati, anche se si è impossibilitati a partecipare fisicamente a un pellegrinaggio», sottolinea il presidente Andrea Bottinelli.
Negli anni la onlus che collabora anche con la Cei è diventata un punto di riferimento in tutto il Medio Oriente: dal Libano alla Siria. Ed è presente in 17 Paesi, fra cui l’Italia dove si è mobilitata per il Mezzogiorno (sta contribuendo a costruire a Palermo l’asilo nido “Padre Puglisi”) e per l’accoglienza (adesso dei profughi ucraini). E ogni dodici mesi sono in media 20mila le persone aiutate lungo le sponde del Mediterraneo. «La solidarietà non può essere soltanto frutto dell’emozione ma necessita di una prassi costante», sostiene il presidente.
Come testimonia appunto l’impegno in Terra Santa. «Ci siamo concentrati fin da subito – ripercorre Giovannetti – sui bambini e sui giovani che pagano spesso il prezzo più alto della povertà. Consapevoli che una delle vie per costruire un futuro di pace sia quella di creare opportunità di studio, lavoro e crescita per tutti». E particolare attenzione è riservata ai cristiani. «Una presenza che continua ad assottigliarsi – avverte Cetoloni – sia per l’emigrazione senza freni, sia per l’assetto demografico visto che la comunità israeliana e quella musulmana crescono molto di più. Perciò siamo chiamati a mantenere vivo il legame con la Chiesa delle origini». Non solo. «La minoranza cristiana è anche un fondamentale elemento di equilibrio in Medio Oriente – riflette Bottinelli -. È volano di dialogo, gioca un ruolo di pacificatore fra le parti, ha la vocazione alla fraternità». E si torna a Betlemme dove la Fondazione ha una sua sede. «Patria della speranza – osserva Cetoloni -, è il luogo dove il Verbo si è fatto carne abbracciando la povertà e gli ultimi. Ed è la città che ci ricorda come la vita possa sempre germogliare oltre le ferite e le difficoltà». E Giovannetti conclude: «I Vangeli ci narrano che non ci fu posto per Lui. È la storia che si ripete anche oggi. Troppe volte non c’è posto per gli abitanti di Betlemme che non possono avere una vita serena e dignitosa. Allora facciamo nostro quello che si dissero l’un l’altro i pastori: anche noi andiamo a Betlemme per vedere ciò che il Signore vuole farci conoscere».
Ecco come sostenere i progetti in Terra Santa
La Fondazione Giovanni Paolo II, onlus per lo sviluppo e la cooperazione nata dalle diocesi della Toscana, lancia insieme con “Avvenire” una campagna di sostegno alla popolazione di Betlemme in occasione del Natale. La città della Natività soffre ancora per le tensioni del conflitto israelo-palestinese ma anche per gli effetti del Covid, la povertà, la difficoltà di spostamenti. Si possono sostenere i progetti a Betlemme della Fondazione Giovanni Paolo II nei seguenti modi:
– bollettino postale sul conto corrente postale n. 95695854
– bonifico su Bancoposta Iban: IT11V0760114100000095695854
– bonifico bancario Iban: IT86F0538705458000042115885
– carta di credito o Paypal sul sito www.fondazionegiovannipaolo.org
Intestazione: Fondazione Giovanni Paolo II. Causale: “Avvenire per Betlemme”
È necessario inserire nella causale l’indirizzo e il codice fiscale: così facendo la Fondazione potrà inviare i documenti per la detraibilità fiscale della donazione.
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