di Marcello Lazzerini, 6 Dicembre 2022
Ormai siamo in clima natalizio, le vetrine dei negozi presentano al meglio i loro prodotti, nelle strade si avverte una particolare animazione, che non è ancora frenesia consumistica, luminarie e addobbi colorano le nostre città, a Firenze è riapparsa festosa e solenne la gigantesca ruota che tante polemiche suscitò lo scorso anno ma che stavolta non riappaiono. Il Natale consumistico si sta dispiegando con tutti i mezzi. C’è bisogno di dar fiato agli affari, dopo gli stop per pandemie e fronteggiare la crisi economica in cui siamo piombati per l’aumento dei costi dell’energia e le conseguenze di una guerra drammatica che l’inerzia e impotenza delle organizzazioni internazionali e gli interessi delle singole varie forze in gioco, tengono ancora accesa. Ma c’è anche un Natale più intimo e di riflessione religiosa e sociale, di impegno civile e umanitario. È proprio su questa dimensione che una piccola ma significativa Mostra richiama la nostra attenzione: s’intitola «Bethlehem Reborn. Palestina, le meraviglie della Natività». Si è aperta il 3 dicembre e si chiuderà il 18 dicembre per portare il proprio messaggio di pace altrove. È visibile nelle Sale Agata e Smeralda nel Museo degli Innocenti, in piazza della SS. Annunziata. È una mostra davvero speciale che racconta il restauro della Basilica della Natività di Betlemme, realizzato dalla ditta Piacenti di Prato, alla quinta generazione di restauratori. Un lavoro meticoloso, eccezionale, durato una decina d’anni, in una terra, Betlemme che si affaccia sul deserto della Giudea uno dei luoghi più sacri della Cristianità. Beth-lehem, casa del pane in ebraico, della carne in arabo. Qui nacque Re David e un millennio dopo in una delle tante grotte disseminate nelle colline, Maria diede alla luce Gesù Cristo, in aramaico Yeshua, un nome che significa salvezza. Giuseppe e Maria lì dovevano recarsi per rispondere forse al censimento imposto dal console della Syria Publio Sulpicio Quirino. In terra una stella d’argento indicava il luogo ove sarebbe nato il Redentore
La Grotta, venerata ai tempi delle prime comunità cristiane fu profanata ai tempi di Adriano, poi Costantino vi eresse una magnifica Basilica. I bizantini allora costruivano le più magnificenti basiliche dell’antichità, successivamente fortificate e sfarzosamente decorate dai cavalieri che fondarono il Regno Crociato di Gerusalemme.
Chi scrive ebbe modo di visitarla prima che fosse sottoposta a restauro, e la ricorda in uno stato di grande degrado, tutta annerita dal fumo delle candele, visitabile non senza qualche difficoltà, in un clima che ricordava il perenne conflitto tra israeliani e palestinesi, in un cornice di povertà, ove la sopravvivenza della comunità cristiana palestinese era affidata alla coltivazione dell’olio, alla lavorazione del legno di olivo, alla commercializzazione di questo piccolo artigianato nei magazzini commerciali italiani ( in particolare nelle Coop) e francesi, alla presenza di un turismo religioso. Ebbene, poter vedere ora attraverso la ricostruzione di un plastico che mostra l’intera basilica e i pannelli esposti, le immagini della chiesa cui è stata restituita piena e suggestiva luminosità, è quasi un miracolo. Al termine di un restauro, durato quasi dieci anni, la Basilica della Natività di Betlemme è tornata a far risplendere la sua originaria bellezza, un luogo simbolo dell’umanità restituito ai fedeli di tutto il mondo. Con questa Mostra si ha la possibilità di conoscere da vicino l’impresa che ha restituito a nuova vita le bellezze artistiche e architettoniche della Chiesa più antica della cristianità. La mostra «Bethlehem Reborn: Le Meraviglie della Natività», ci spiega Renato Burigana, portavoce della Fondazione Giovanni Paolo II. che gestisce questa Mostra, fortemente voluta dall’Ambasciata della Palestina presso la Santa Sede e sostenuta dall’Alto Comitato Presidenziale Palestinese per gli Affari con le Chiese, racconta non solo il restauro ma le scoperte che questa prezioso e qualificato intervento hanno portato alla luce: uno dei reperti più significativi è il mosaico di uno dei volti angelici, vi è poi una delle lampade vitree ritrovate dagli archeologi e altri mosaici che e i depositi atmosferici avevano nascosto. Ora tutto è riportato in chiaro. Il bando lanciato nel 2000 è stato vinto da questa azienda di Prato e realizzato, dunque, nel migliore dei modi. Il percorso espositivo si spinge fino ai giorni nostri, attraversando un lungo periodo di abbandono e degrado che aveva messo in serio pericolo le architetture del monumento, fino al momento in cui, grazie a un accordo storico, l’Autorità Nazionale Palestinese ha impegnato ingenti risorse economiche e professionali per gestire un progetto di restauro in condizioni sociali, politiche e diplomatiche molto delicate, armonizzando le istanze delle tre comunità religiose responsabili della Basilica della Natività: il patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, i francescani della Custodia di Terra Santa e il patriarcato armeno di Gerusalemme.
L’itinerario espositivo permette di ricucire una storia molto più grande: quella del monumento più antico della Cristianità raccontato attraverso gigantografie fotografiche, postazioni video e suggestive riproduzioni dei reperti più significativi, tra cui un modello tridimensionale in scala 1/50 che permette di osservare da vicino l’edificio in ogni suo più piccolo dettaglio. Il modello, realizzato in resine bioplastiche dal Dipartimento di Ingegneria civile e architettura dell’Università di Pavia, è il frutto di un lavoro durato sette mesi durante i quali dieci stampanti 3D hanno lavorato per oltre 9.730 ore. La mostra racconta le scoperte dei nuovi scavi archeologici e dei complessi interventi di restauro attraverso gli occhi e le voci dei pellegrini che nel corso dei secoli hanno venerato il luogo della nascita di Gesù. Una narrazione che va oltre la storia politica e quella dell’arte, che ricompone in un grande affresco la storia della devozione, fatta di riti, di preghiere e di stupore. La Mostra aveva già toccato le città di Aquileia e Colonia nel 2021 e del Palazzo Unesco di Parigi nell’ottobre 2022. E oggi, dal 3 al 18 dicembre 2022 è a Firenze, presso l’Istituto degli Innocenti, realizzato da Brunelleschi, nelle sale di Agata e Smeralda che recano i nomi delle prime bimbe abbandonate e accolte secoli fa in questo luogo. La descrizione della Mostra è affidata ai testi dell’archeologo Alessandro Fichera che ha personalmente seguito gli scavi archeologici e l’analisi delle architetture del monumento; ai video di Tommaso Santi, sceneggiatore e regista, autore del documentario «Restaurare il cielo» e del documentario «Le meraviglie di Betlemme», e a Taisir Hasbun, co-curatore e direttore artistico di origini palestinesi da lunghi anni residente in Italia. Con questa esposizione nella città toscana si sono voluti ricordare i venticinque anni dal pellegrinaggio, a Betlemme, alla guida di 600 fedeli della comunità di Fiesole, guidato dal vescovo mons. Giovannetti nell’agosto 1997, che ha dato origine alla Fondazione Giovanni Paolo II e a venti dall’assedio della Basilica della Natività che destò grande preoccupazione in tutto il mondo. La Fondazione Giovanni Paolo II ha pensato di ricordare questi due momenti, portando a Firenze la Mostra «Bethlehem Reborn. Palestina, le meraviglie della Natività». Nel Chiostro la statua di San Gerolamo reca ancora le ferite dei proiettili sparati da soldati israeliani quando alcuni palestinesi furono tratti in salvo da padre Ibrahim Faitas, allora parroco di Gerusalemme. Mi dicono che quei segni ci sono ancora, ma che la situazione è ora abbastanza rassicurante. E che anche i pellegrinaggi verso la terra Santa e, quindi, Betlemme, stanno riprendendo. Certo, permangono le difficoltà economiche della popolazione locale, alla quale. Insieme ad altre organizzazioni, anche la Fondazione Giovanni Paolo II dà il proprio sostegno offrendo opportunità lavorative a giovani disabili nel Piccirillo Handicraft Center, uno spazio nel quale si apprende e si tramanda la lavorazione tradizionale dell’artigianato tipico palestinese in legno d’olivo, ceramica e madreperla, mentre nella casa della Pace vengono offerte ai bambini e ai ragazzi corsi di lingua italiana e attività sportive e artistiche, sono inoltre attivi corsi di riabilitazione a 200 studenti, gestiti da suore e logopedisti.
Nei giorni della Mostra, dal 3 al 18 dicembre 2022, la Fondazione Giovanni Paolo II ha pensato di offrire a tutti, iniziando dai giovani, momenti di riflessione e di approfondimento sui temi del dialogo, della cooperazione, della pace, del Mediterraneo, proprio in sintonia con il concept espositivo, si tratta di un programma dal titolo Firenze chiama Betlemme che si articola (nella Sala Poccetti) su diverse tematiche, tra cui arte e liberazione, il volontariato, a vent’anni dall’assedio di Betlemme e altre ancora. Infine, sabato 10 dicembre si terrà un incontro dal titolo «Costruiamo il futuro?», una mattinata di riflessione sul domani, a partire dalle nostre radici», ha spiegato Andrea Bottinelli, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II.
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