Toscana Oggi, 19 Giugno 2022
L’arcivescovo di Baghdad a Firenze con la fondazione Giovanni Paolo II
di Renato Burigana
«Ringrazio Dio, la Cei e la Fondazione Giovanni Paolo II per l’aiuto che avete dato in questi anni, il sogno della Cittadella dei Giovani, dedicata a San Giovanni Paolo II, è diventata realtà», inizia così la sua intervista mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini. Mons. Sleiman, libanese di origine, ha vissuto e studiato in Italia, prima di essere consacrato vescovo di Baghdad per la comunità latina. Il suo primo incontro con la Fondazione Giovanni Paolo II avvenne nel 2003, su invito di mons. Luciano Giovannetti, vescovo di Fiesole e presidente della Fondazione. Un’amicizia e una stima reciproche che hanno permesso, in questi anni di realizzare progetti, tutti conclusi, inaugurati e funzionanti, per i giovani di Baghdad. La realizzazione della cittadella dei e per i giovani che ha previsto, fra l’altro, uno spazio polivalente per la socializzazione e formazione dei ragazzi e dei giovani, totalmente assente< nella capitale irachena, un edificio costruito di sana pianta e anche due palestre (una per le donne, una per gli uomini) e una sala sportiva polivalente e l’allestimento di una foresteria.
Quale è oggi la situazione in Iraq?
«La società irachena non riesce ancora a integrare i suoi membri. In questo periodo viviamo un momento di serenità, direi di pace: si può viaggiare, fare celebrazioni, c’è una certa tranquillità. Quello che preoccupa sono le acque sotterranee, che non si vedono, ma che preoccupano molto, sono acque non tranquille; il problema, i problemi dell’Iraq non sono risolti. Abbiamo un parlamento, per fare un esempio, che dopo mesi non è ancora riuscito a eleggere un presidente, che è fondamentale per formare poi un Governo. Ci sono influenze internazionali che sono nefaste».
Voi avete lavorato molto in questi anni, anche con l’aiuto della Fondazione Giovanni Paolo II, per realizzare strutture per i giovani. L’educazione è sempre stata una priorità.
«Con tutto il nostro impegno non siamo riusciti ad arginare l’emigrazione dei cristiani. La scuola diventa un luogo di formazione per tutti gli iracheni, un luogo di incontro e di educazione per tutti cristiani e musulmani. Qualche volta bisogna ricominciare da capo, dopo la guerra si deve iniziare dalla scuola. In queste scuole si insegnano anche le lingue straniere, e questo è molto importante per imparare a comunicare con gli altri, con l’Europa e con l’occidente. Per i giovani è aprire una finestra sul mondo».
Dopo la visita del papa Francesco come è cambiato il dialogo fra cristiani e musulmani?
«La visita del Papa è riuscita molto, soprattutto sul versante politico. Il Governo si è impegnato molto perché la visita riuscisse. Il Papa è stato accolto benissimo da tutti, cristiani e musulmani; tutti hanno notato i suoi gesti, la sua attenzione alle donne, ai bambini, ai malati: e questo ha colpito moltissimo le persone. In Iraq sono abituati a capi religiosi molto seri, che non ridono mai. Il Papa ha fatto bene a tutti».
Quale è il suo sogno per Baghdad?
«Che quello che abbiamo seminato cresca. Che ci sia sempre una comunità attenta agli altri. I cristiani devono essere un fermento per tutta la società irachena, essere pronti al dialogo. Con una parola un po’ forte direi: che ogni cristiano sia Cristo».
La visita del vescovo Sleiman a Firenze e il suo incontro con il presidente della Fondazione >Giovanni Paolo II, Andrea Bottinelli, segue quella effettuata in Iraq il mese scorso da Alessandro Bartolini, ingegnere, coordinatore dell’ufficio tecnico della Fondazione e di Thibault Joannais, coordinatore dell’ufficio per gli enti ecclesiali. «Abbiamo constato di persona – spiega Bartolini – come molto bene abbiamo lavorato le ditte irachene che hanno realizzato l’intero progetto. In questi anni, ci siamo incontrati diverse volte, spesso a Beirut, perché per noi raggiungere Baghdad era veramente difficile». Grazie ai tanti donatori i giovani di Baghdad hanno luoghi doveincontrarsi, fare cultura, studiare e divertirsi.
Anche i settimanali cattolici italiani hanno dato il loro contributo, con una campagna promossa dalla Fisc nel dicembre del 2009.
«Sono contento – racconta Joannais – che il progetto si sia realizzato, non era facile e scontato vista la situazione irachena. Anche il Nunzio in Iraq, mons. Mitja Leskovar, e l’Ambasciatore italiano, Maurizio Greganti, si sono detti soddisfatti per quanto tutti insieme abbiamo realizzato».
Toscana Oggi, 19 giugno 2022
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