Volontari della Fondazione Giovanni Paolo II partono di notte: una tonnellata di aiuti, riportano una famiglia “Donne e bambini dormivano insieme in un centro commerciale: lacrime di gioia al nostro arrivo”
Arezzo, 19 marzo 2022
“Ci siamo affacciati nel centro commerciale: c’erano oltre cento letti dove le mamme si stringono insieme ai figli”. Riccardo Mendicino, aretino e di mestiere fotografo, e ha l’occhio allenato ai particolari: anche se per una volta è appannato dalla commozione. “Al nostro arrivi si sono commossi anche loro: non sono abituati a chi si presenta direttamente davanti alle loro case con gli aiuti”. E stavolta sono arrivati in due: lui e Andrea Verdi, consigliere dell’associazione Giovanni Paolo II, la cui sede logistica è a Pratovecchio. E sarebbero stati addirittura quattro se Stefano Galli e il figlio Gregorio non fossero stati fermati alla frontiera per il passaporto scaduto. Un “dream team” partito in piena notte dal parcheggio dell’ex Ipercoop: in camper. “A bordo avevamo una tonnellata di vestiti, generi alimentari ed aiuti”.
Tutti raccolti in 48 ore, grazie anche ad Adra Italia e alla parrocchia di Poppi. “Bastava un sorpasso e faticavi a controllare il volante”: no, un camper di per sé non è il massimo per mascherarsi da furgone o addirittura da Tir. “In tanti oltre la frontiera ucraina ci guardavano stupiti”. Eppure quel camper ha fatto miracoli. Dalla mezzanotte aretina alle 22 era oltre la frontiera. Una prima tappa a Mukachevo, poco oltre il confine ungherese: nel cuore dei Carpazi, nella zona occidentale dell’Ucraina. Una seconda a Užhorod, sempre a ridosso dei Carpazi. E qui si sono affacciati tra quei letti.
“È un centro commerciale trasformato in rifugio di accoglienza: qui come in quasi tutta l’Ucraina abbiamo visto quasi solo donne e bambini”. Riccardo registra quello che Domenico Giani aveva raccontato anche sulla strada di Leopoli. Quelle file di mamme e figli, con gli uomini o in guerra o nascosti chissà dove.
“Nella prima tappa già avevamo lasciato una parte degli aiuti: scatole e scatole, aperte con la solita emozione”. Una puntata decisa negli ultimi giorni. “Abbiamo organizzato tutto in poche ore – conferma Andrea Verdi – ma è solo l’inizio”. Una consigliera dell’associazione è ucraina e ha lanciato l’allarme. Si chiama Maria, e una parte della sua famiglia ha preso la via dell’Italia.
“Una mamma con il figlio di 7 anni e la nipote (la figlia della sorella) di 10: più la sua mamma e insieme la nonna dei ragazzini”. Mentre raccontano, loro sono dietro al camper, ne senti le voci sommesse. Una telefonata all’uscita dall’Ucraina, in una lunga coda per rientrare in Ungheria”. Uno slancio collettivo. “Quando ho saputo di questo viaggio ho chiesto subito di potermi unire” racconta Riccardo al volante.
Segni di guerra? “Vedi tanti militari ma faticheresti a dire di essere in mezzo ad un conflitto”. Alle spalle si lasciano un’operazione da concludere. “Dovevamo riportare un’altra mamma con il bambino: ma lui ha la febbre alta, è malato di reni e non avrebbe potuto viaggiare. Torneremo a prenderli”. Su quei quasi duemila chilometri di strada, dove si incrociano i camion degli aiuti e le missioni tipo questa, con i piedi affondati in terra aretina. “L’associazione è in piedi da 15 anni: abbiamo costruito una rete di relazioni, che ci consente di muoverci a colpo sicuro” racconta Verdi, che a Pratovecchio è anche consigliere comunale. “Per ora l’emergenza va avanti a tutto ma presto si tratterà di ricostruire, di dare una mano per superare la paura e lo choc di questi giorni”.
Intanto il camper sfila dall’ennesima frontiera e riprende la via dell’Italia. Con i loro ospiti a bordo. “Li terremo con noi a Pratovecchio”: in salvo, a duemila chilometri dalla guerra. Ma non dalla paura: che invisibile è salita sul camper insieme a loro.
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