Il vicario apostolico di rito latino di Beirut ci parla della campagna solidale dei Focolari e della Fondazione Giovanni Paolo II. «Il paese dei cedri è in ginocchio, ma l’invio di medicine e alimenti per i neonati è il regalo di Natale più bello che ci aiuterà a risorgere»
di Roberto Zichittella
«In Libano oggi un albero di Natale costa fra gli 80 e i 120 dollari, quasi il doppio della stipendia mensile di un lavoratore», scrive Voice of America. Questo fa capire che per il Paese dei cedri si annuncia un periodo natalizio di ristrettezze e poche feste. Per i bambini ci saranno meno regali e i genitori dovranno inventarsi delle scuse. Il Libano ormai è un Paese in caduta libera. Precipita come sta facendo il tasso di cambio fra la lira libanese e il dollaro statunitense. In due anni la valuta locale ha perso più dei 90% del suo valore rispetto al dollaro. Un dollaro costa ormai 25 mila lire locali, mentre nell’autunno dei 2019 il cambio tasso era un dollaro per 1.500 lire.
Crolla la lira, aumentano i prezzi dei servizi e dei beni di prima necessità come i medicinali, si formano lunghe code ai distributori di carburante e intanto Beirut si trova al buio per il razionamento dell’energia elettrica. Una situazione da economia di guerra, aggravata dalla crisi politica (il Paese è rimasto per mesi senza un Governo), dalla pandemia e dalle conseguenze deI devastante incendio deI 4 agosto 2020 nella zona portuale di Beirut. L’esplosione in un deposito di nitrato di ammonio provocò la morte di oltre 200 libanesi, 7 mila feriti e devastazioni così estese da lasciare senza casa 250 mila persone.
Lo shock per quell’esplosione non è stato ancora assorbito e da quel giorno di agosto per il Libano è andata sempre peggio. La crisi politica, sociale ed economica è diventata crisi umanitaria. Chi può, se ne va. Chi resta sta sempre peggio. E tra quelli che stanno peggio ci sono migliaia di rifugiati che, scappati dalla guerra in Siria, speravano di stare meglio in Libano. Un dramma nel dramma il loro.
«Tutte queste crisi stanno mettendo il Libano sull’orlo del collasso. I libanesi stanno lottando per sopravvivere», ha scritto il 17 agosto di quest’anno Cesar Essayan, vicario apostolico di Beirut dei latini. Il vicariato apostolico in questi mesi ha aiutato diverse famiglie libanesi in difficoltà, ma «in questa tragica situazione» (parola del vescovo) non basta. Così Essayan ha chiesto alla Fondazione Giovanni Paolo Il (una Onlus-Ong impegnata per il dialogo, la cooperazione e lo sviluppo) e al Movimento dei focolari di aiutarlo ad assicurare latte in polvere per neonati e bambini, farmaci essenziali e soprattutto medicinali per malattie croniche».
La risposta all’appello è stata immediata. Il Movimento dei focolari, attraverso la propria rete nazionale, si è organizzato per la parte relativa ai medicinali, mentre la Fondazione per quella che riguarda il latte in polvere. Il progetto infatti prevede l’acquisto e l’invio dall’Italia di medicinali salvavita e latte in polvere. L’impegno dovrebbe avere carattere continuativo, con tre o quattro invii nell’anno 2022, a cadenza trimestrale. Questi beni essenziali verranno spediti in Libano grazie a un accordo con il ministero della Difesa, che offrirà lo spazio residuo dentro agli aerei militari cargo diretti in Libano per le attività dell’Unifil (la missione dell’Onu attiva alla frontiera fra Israele e Libano).
A Beirut il materiale verrà distribuito da una rete di piccole organizzazioni locali, tra cui il centro Crossing Together. Queste associazioni hanno stilato la lista delle necessità dei loro gruppi di beneficiari; all’arrivo, il materiale verrà distribuito dalle singole associazioni, così da raggiungere più persone possibili. La distribuzione avverrà a Beirut e paesi vicini. Per quanto riguarda i farmaci salvavita, è stata redatta la lista delle persone che ne hanno necessità con relativa terapia da seguire; verranno inviati i medicinali necessari per uno o due mesi di terapia. Per quanta riguarda il latte in polvere, questo verrà distribuito a madri con figli tra 0 e 12 mesi.
Tra i beneficiari del programma ci sono anche numerosi rifugiati siriani che vivono al di fuori dei campi profughi. Per sostenere il progetto è in corso una raccolta fondi. «Non possono esserci neonati senza latte. A Natale il tuo dono può sfamare un bambino in Libano», è l’appello della campagna. È un aiuto di cui il Libano ha disperatamente bisogno anche per continuare a sperare senza rassegnarsi. Il vescovo Cesar Essayan ricorda che «il Libano non è il luogo della guerra. È il luogo dove un’esperienza del vivere insieme è stata usata per fini politici, per interessi». «Ma questa», aggiunge, «era una bella esperienza e siamo ancora in grado di dimostrare al mondo che possiamo appartenere a religioni diverse, ma ciò non ci impedisce di trovare un accordo, di trovare un modo di stare insieme nel rispetto dell’appartenenza religiosa, nel rispetto di un Dio che ci ha voluti su questa terra per mostrare che l’amore richiede di essere differenti».
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