Città Nuova, 16 Dicembre 2021
di Maria Chiara De Lorenzo
La risposta all’accorato appello lanciato da mons. Cesar Essayan, vicario apostolico di Beirut dei Latini, alla Fondazione Giovanni Paolo II e al Movimento dei Focolari in Italia, ha portato all’invio, in Libano, di 40 quintali di latte in polvere e 5 pancali di medicinali.
Aeroporto di Pisa, destinazione Beirut. Nella giornata del 16 dicembre un volo dell’aeronautica militare porta in Libano 40 quintali di latte in polvere e 5 pancali di medicinali. Sono beni di prima necessità in un Paese che fatica a rialzarsi da una crisi economica, politica, istituzionale che va avanti da tre anni. La lira libanese è ai minimi storici, con devastanti conseguenze sociali.
Questo “volo della speranza” – le trattative per renderlo possibile vanno avanti da mesi – racconta la storia di un’iniziativa civile, dal basso, partita da un gesto di amicizia, e che ha coinvolto singoli, associazioni, istituzioni, ong, chiese, apparati militari in Italia e in Libano. A dare un colpo d’ala si è aggiunto l’accorato appello di mons. Cesar Essayan, vicario apostolico di Beirut dei Latini, rivolto alla Fondazione Giovanni Paolo II e al Movimento dei Focolari in Italia, denunciando una situazione senza precedenti, e “la più dura depressione dalla fine della guerra civile libanese durata 15 anni”: “la crisi dell’afflusso di rifugiati siriani, le diffuse rivolte di strada, la pandemia del Covid-19, un pericoloso esaurimento delle risorse, e infine l’esplosione del porto di Beirut che ha lasciato il Paese sotto shock”.
La mediazione della Croce Rossa libanese, dell’UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) e del Ministero della Difesa ha reso possibile quello che era diventato impossibile. I farmaci inviati sono destinati al trattamento di malattie croniche (cardiopatie, diabete, patologie neurologiche o psichiatriche); se prima erano irreperibili, adesso lo sono in minima quantità e a costi proibitivi per pazienti comuni. “Quest’azione permette di sostenere la continuità terapeutica dei pazienti cronici”, dichiara Luigi Triggiano, medico, tra i coordinatori dell’iniziativa. E aggiunge: “L’iniziativa vuole contrastare la logica dello scarto e del profitto tout court delle case farmaceutiche: i medicinali, un anno prima della scadenza, vengono ritirati dal mercato e destinati all’incenerimento. Questa operazione dal basso ha permesso di recuperare una grande quantità di medicinali che possono salvare la vita di molte persone”.
La novità di questa storia è la doppia rete di solidarietà, e in Italia e in Libano: “La sensibilità che si è scatenata – continua Triggiano – la messa in gioco di competenze, e la volontà da parte di tanti cittadini italiani in risposta al grido di dolore venuto dal Libano, è stata stimolata dalla rete che è nata a Beirut; abbiamo cercato di rimanere all’altezza del compito”. Sì, perché a Beirut sono coinvolte sia le associazioni che si occupano di sostegno a pazienti cronici (Aventure de la Charité (ADLC), LIBan-AMItié/Libami, Epsilon, Barbara Nassar for Cancer Patient Support, IRAP, Vicariat Apostolique-Social Service), sia gruppi di volontari che hanno iniziato a censire nei quartieri i bisogni dei pazienti fragili e più poveri, assumendo la responsabilità della ricognizione dei bisogni e della distribuzione dei farmaci raccolti. Osvaldo Garcia, Responsabile Ufficio Progetti e Sviluppo Sociale del Vicariato Apostolico di Beirut, racconta: “Abbiamo creato un gruppo permanente WhatsApp, una rete con l’Italia, chiamata “Un ponte per il Libano” ed una in Libano, la rete “Fraternité” nella quale, abbattendo differenze confessionali e sociali, abbiamo iniziato a mettere in comunione sia bisogni, sempre crescenti, che risorse. Oggi i gruppi sono otto ed altri se ne vanno aggiungendo”.
Il progetto, operativo lato Focolari attraverso l’APS “Nuove vie per un Mondo Unito“, ha coinvolto persone in tutto il Paese, e la rete cresce. Il Polo Lionello Bonfanti, presso la cittadella di Loppiano, ha ospitato la raccolta dei medicinali e del latte in polvere, prima che il carico fosse trasferito il 14 dicembre all’Aeroporto di Pisa. Durante la pandemia, due amiche, una italiana e una libanese, si erano scambiate confidenze e dolori. Alla domanda: “Se fosse possibile inviarti qualcosa, cosa desidereresti?”, l’amica libanese, dopo una lunga riflessione risponde: “le persone non hanno più le medicine”. Allora partirono medicinali in piccole dosi, in valigia, secondo il limite consentito dalla legge per singoli viaggi. Adesso c’è un vero e proprio “Ponte per il Libano”. E con il contributo di tanti, per Natale, ci saranno sia latte che medicinali.
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