L’agonia degli uomini di Dio

L’agonia degli uomini di Dio

Thibault Joannais (Pratovecchio)

 

Gran premio della giuria al Festival di Cannes 2010, il film di Xavier Beauvois Uomini di Dio (Des Hommes et des Dieux) narra la salita verso il martirio dei monaci francesi uccisi a Tibhirine (Algeria) nel 1996. Questa opera cinematografica ci sembra degna d’interesse per almeno tre motivi.
Prima di tutto perché riporta alla luce una vicenda alquanto buia e piena di zone d’ombra. Rammentiamo brevemente i fatti: nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, sette religiosi trappisti del monastero Notre-Dame de l’Atlas di Tibhirine furono rapiti. Il loro sequestro, rivendicato dal Gruppo islamico armato (GIA), si concluse meno di due mesi dopo con l’annuncio della loro esecuzione. Il fatto che soltanto le loro teste furono rinvenute ha alimentato una moltitudine di ipotesi sulla vera identità dei mandanti e degli esecutori della strage1. Il film si astiene dal prendere posizione per l’una o l’altra di queste ipotesi, mostrando una comunità religiosa intrappolata tra il martello del fondamentalismo islamico armato e l’incudine del potere militare.
Il secondo motivo per il quale questo film merita la nostra attenzione è il contesto geopolitico attuale. Innanzi tutto le persecuzioni di cui sono vittime i cristiani di diversi paesi del mondo, in particolar modo nel Vicino Oriente: i sette trappisti appaiono come il paradigma dei martiri cristiani odierni. Uomini di Dio aiuta inoltre a capire meglio alcune delle radici dell’onda di malcontento e di ribellione che sta percorrendo la società algerina. Il contesto della storia dei monaci di Tibhirine è quello della guerra civile che lacerò l’Algeria degli anni novanta. Anche se ufficialmente venne presentato come a sfondo religioso2, si è trattato in realtà di un conflitto politico e sociale: le bande armate che si richiamavano all’islam tentarono di conquistare con la forza posizioni di potere politico ed economico, mentre l’esercito strumentalizzava la violenza per mantenere la propria egemonia e rafforzare la propria legittimità3. Nonostante l’esercito abbia sconfitto l’islamismo armato e riportato la pace, non ha ridistribuito le proprie ricchezze ad una popolazione sfinita da un decennio di guerra e anni di crisi economica. La «Carta per riportare la pace e la riconciliazione», voluta dal Presidente Bouteflika e approvata per referendum nel 2005, non fu altro che un’amnistia generale per tutti quelli che durante il conflitto versarono sangue altrui. Una chiara volontà di non parlare più della guerra e di dimenticare la violenza a discapito dell’esigenza di verità e di giustizia per gli orrori del conflitto, le cui prime vittime furono le popolazioni inermi.
I monaci di Tibhirine costituivano un punto di riferimento per la popolazione del villaggio, in particolare per i contadini che lavoravano con loro e per tutti quelli che si recavano al dispensario del monastero per farsi curare. Il film di Xavier Beauvois contempla questo modo semplice di essere Chiesa tra la gente: la fecondità del «dialogo della vita». L’armonia con il vicino diverso, costruita pazientemente e curata con attenzione, minacciava però di sgretolarsi e di essere travolta dagli eventi drammatici che insanguinarono l’Algeria.
Restare e rischiare di morire oppure andarsene sacrificando la fedeltà al popolo algerino? Tale era l’alternativa con la quale la comunità trappista dovette confrontarsi. Ciò che fa di Uomini di Dio un film profondo ed intenso è precisamente la sua capacità di svelare l’itinerario spirituale della piccola comunità di Tibhirine di fronte a tale dilemma. Non è scontato che dei monaci accettino a priori la morte come testimonianza ultima: «il martirio cristiano è un cammino, una vocazione che il discepolo di Cristo, ad un certo punto della sua vita, accetta di percorrere, invitato a questo dallo stesso Signore Gesù; il martirio è compimento di una chiamata»4. Il cammino fu lungo, faticoso e sofferto e mise a repentaglio l’equilibrio umano e spirituale del monastero. Una autentica sequela di Cristo in agonia al Gethsémani: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt. 26,39). Gli attori del film hanno saputo mettere a nudo con eleganza e pudore la fragilità degli «uomini di Dio» alle prese con la paura di morire. Rimanere fu quindi una scelta collettiva ed unanime, l’abbandono definitivo si fece abbraccio fraterno: «Tuttavia non quello che io voglio, ma quello che vuoi Tu» (Mt. 26,39).
Il martirio dei monaci di Tibhirine ricorda il martirio delle sedici Carmelitane di Compiègne (Francia) ghigliottinate nel 1794: anche queste ultime, malgrado la prospettiva di una morte quasi sicura, rinnovarono insieme il voto di consacrazione totale alla volontà divina. La loro storia, immortalata dal film Le dialogue des carmélites5, colpì profondamente Georges Bernanos il quale, pochi mesi prima di morire, scrisse i dialoghi dell’opera cinematografica. Nei Dialoghi delle Carmelitane Bianca dell’Agonia di Cristo, giovane Carmelitana ossessionata dalla paura di morire, sale sul patibolo intonando il Veni Creator e porta sulle ali del suo canto le consorelle infondendo coraggio e forza per il dono supremo. Drammatica e splendida somiglianza quella di Bianca e di frère Christophe, il monaco poeta fragile che nonostante la paura ha saputo abbandonarsi al martirio con serenità e gioia… «In un certo senso la paura è figlia di Dio, riscattata la notte del Venerdì Santo. Non è bella da vedere – no! – talvolta schernita tal’altra maledetta, rifiutata da tutti… Tuttavia è al capezzale di ogni agonia, intercede per l’uomo»6.

Note

1 Ricordiamo che le famiglie delle vittime e l’Ordine cistercense di stretta osservanza (trappista) hanno più volte dichiarato che piena luce non è stata fatta sulla dinamica di quelle morti. Le indagini, condotte dal giudice francese Marc Trévidic, non sono ancora concluse.

2 Il conflitto armato scaturì dall’annullamento del primo turno delle elezioni del dicembre 1991 – vinte dal Fronte Islamico di Salvezza – da parte dei militari.

3 L. Martinez, La guerre civile en Algérie, Paris, 1998

4 B. Olivera, in M. Susini, I martiri di Tibhirine, Bologna, 2005, p. 7.

5 Film di Philippe Agostini e Raymond Leopold Bruckberger, 1960.

6 G. Bernanos, Oeuvres romanesques, Paris, 1961, p. 1565. La traduzione è di chi scrive

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