Newsletter Veritas in Caritate n.1 (2009) – Documentazione ecumenica

Newsletter Veritas in Caritate n.1 (2009) – Documentazione ecumenica

Documentazione Ecumenica

Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani
Roma, 12 dicembre 2008

Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle!
Un cordiale benvenuto rivolgo a voi tutti, che prendete parte alla sessione plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. In primo luogo, il mio saluto va al Cardinale Presidente, al quale sono riconoscente anche per le cortesi parole con cui ha illustrato il lavoro che avete svolto in questi giorni. Il mio saluto si estende al Segretario, e agli altri collaboratori del Pontificio Consiglio, come pure a quanti, provenienti da varie parti, hanno offerto il contributo della loro esperienza alla comune riflessione sul tema della vostra riunione: “Ricezione e futuro del dialogo ecumenico”. Si tratta di un argomento di notevole interesse per il cammino verso l’unità piena tra i cristiani; un argomento che presenta due dimensioni essenziali: da un lato, il discernimento dell’itinerario percorso fino ad ora, e, dall’altro, l’individuazione di nuove vie per proseguirlo, cercando insieme come superare le divergenze che purtroppo ancora permangono nei rapporti tra i discepoli di Cristo.

E’ indubbio che il dialogo teologico costituisce una componente essenziale per ristabilire quella piena comunione a cui tutti aneliamo, e, per questo, va sostenuto ed incoraggiato. Sempre più, questo dialogo si svolge nel contesto delle relazioni ecclesiali che, per grazia di Dio, si vanno estendendo e coinvolgono non solo i Pastori, ma tutte le varie componenti ed articolazioni del Popolo di Dio. Ringraziamo il Signore per i significativi passi in avanti compiuti, ad esempio, nei rapporti con le Chiese ortodosse e con le antiche Chiese ortodosse di Oriente sia per quanto concerne il dialogo teologico, sia per il consolidamento e la crescita della fraternità ecclesiale. L’ultimo documento della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse sul tema “Comunione Ecclesiale, conciliarità e autorità”, a cui ha fatto esplicito accenno Sua Santità Bartolomeo I parlando alla recente Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, apre sicuramente una prospettiva positiva di riflessione sulla relazione che esiste tra primato e sinodalità nella Chiesa, argomento questo di cruciale importanza nei rapporti con i fratelli ortodossi, e che sarà oggetto di approfondimento e di confronto in prossime riunioni. E’ consolante poi notare come un sincero spirito di amicizia fra cattolici e ortodossi sia andato crescendo in questi anni, e si sia manifestato anche nei molteplici contatti intercorsi tra Responsabili della Curia Romana e Vescovi della Chiesa cattolica con Responsabili delle diverse Chiese ortodosse, come pure nelle visite di alti esponenti ortodossi a Roma e a Chiese particolari cattoliche.

Nella vostra Sessione Plenaria avete riflettuto, in modo speciale, sul cosiddetto Harvest Project: “Ecumenical consensus/convergence on some basic aspects of the Christian faith found in the reports of the first four international bilateral dialogues in which the Catholic Church has taken part since the Second Vatican Council” [Consenso/convergenza ecumenica su alcuni aspetti fondamentali della fede cristiana identificati nei rapporti dei primi quattro dialoghi bilaterali internazionali a cui ha partecipato la Chiesa Cattolica dal Concilio Vaticano II]. Questo confronto vi ha condotto ad esaminare i risultati di quattro importanti dialoghi: quello con la Federazione Luterana Mondiale, quello con il Consiglio Mondiale Metodista, quello con la Comunione Anglicana e quello con l’Alleanza Riformata Mondiale. Se avete delineato quanto, con l’aiuto di Dio, si è riusciti già a raggiungere nella reciproca comprensione e nell’individuazione di elementi di convergenza, non avete però evitato, con grande onestà, di far emergere ciò che rimane ancora da compiere. Si potrebbe dire che ci troviamo in via, in una situazione intermedia, dove appare senz’altro utile ed opportuno un esame oggettivo dei risultati conseguiti. E sono certo che il lavoro di questa vostra sessione recherà un valido apporto per elaborare, in questa prospettiva, una riflessione più ampia, precisa e dettagliata.

Cari fratelli e sorelle, in molte regioni la situazione ecumenica è oggi mutata e sta ulteriormente mutando, il che comporta lo sforzo di un franco confronto. Vanno emergendo nuove comunità e gruppi, si vanno profilando inedite tendenze, e talvolta persino tensioni tra le Comunità cristiane, ed è quindi importante il dialogo teologico, che va ad interessare l’ambito concreto della vita delle varie Chiese e Comunità ecclesiali. In questa luce si colloca il tema della vostra Plenaria, ed il discernimento indispensabile per delineare in modo concreto le prospettive dell’impegno ecumenico che la Chiesa cattolica intende proseguire ed intensificare con prudenza e saggezza pastorale. Risuonano nel nostro spirito il comando di Cristo, il “mandatum novum”, e la sua preghiera per l’unità “ut omnes unum sint… ut mundus credat quia tu me misisti” (Gv 17,21). La carità aiuterà i cristiani a coltivare la “sete” della piena comunione nella verità e, seguendo docilmente le ispirazioni dello Spirito Santo, possiamo sperare di giungere presto all’auspicata unità, nel giorno in cui il Signore lo vorrà. Ecco perché l’ecumenismo ci sollecita a un fraterno e generoso scambio di doni, ben consci che la piena comunione nella fede, nei sacramenti e nel ministero rimane lo scopo e la meta dell’intero movimento ecumenico. Di tale vasta impresa, l’ecumenismo spirituale, come ebbe chiaramente ad affermare il Concilio Ecumenico Vaticano II, è il cuore pulsante.

Stiamo vivendo i giorni dell’Avvento, che ci prepara al Natale di Cristo. Questo tempo di vigile attesa tenga desta in noi la speranza del compimento del Regno di Dio, della Basileia tou Theou e Maria, Madre della Chiesa, ci accompagni e guidi nel non facile cammino verso l’unità. Con tali sentimenti, formulo voti augurali per le prossime feste natalizie e, mentre vi ringrazio nuovamente per il lavoro che avete svolto in questa assemblea, invoco su voi tutti e su ciascuno la benedizione di Dio.

Dichiarazione concordata di Trento sulla famiglia
Primo Forum Cattolico-Ortodosso Europeo sul tema: La famiglia: un bene per l’umanità (Trento, 11-14 dicembre 2008)
Trento, 13 dicembre 2008

Preambolo

Per mezzo della grazia dello Spirito Santo, noi trenta rappresentanti della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse in Europa, provenienti da paesi che vanno dagli Urali all’Atlantico, ci siamo riuniti per il Primo Forum Cattolico-Ortodosso Europeo. Esprimiamo la nostra gratitudine nei confronti di tutti coloro che hanno lavorato per il successo di questo incontro, specialmente dell’Arcivescovo di Trento, che ci ha accolti con calore e ci ha offerto la sua ospitalità. L’incontro è stato organizzato dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE), in stretta collaborazione con varie Chiese ortodosse e con alcuni Dicasteri della Santa Sede.

Infine abbiamo espresso il nostro profondo rammarico per la morte improvvisa di Sua Santità il Patriarca Alessio II di Mosca e di tutte le Russie, che aveva impartito con calore la sua benedizione sul progetto di questo Forum.

Qual è lo scopo del Forum? Non di discutere questioni teologiche, che vengono trattate ad altri livelli. Il nostro compito è piuttosto di concentrarci sulle questioni antropologiche d’importanza cruciale per il presente e il futuro dell’umanità. Il fine del Forum è di aiutare a definire le posizioni comuni sulle questioni sociali e morali. Impegnandoci in questo scambio, ci aiutiamo l’un l’altro a  diventare consapevoli di quanto siano vicine fra loro le nostre rispettive dottrine morali e sociali. Allo stesso tempo, facciamo conoscere al mondo le nostre sollecitudini.

Ci siamo messi d’accordo per dedicare il nostro primo incontro a questo tema: “La famiglia: un bene per l’umanità”. Innumerevoli famiglie hanno dato un grande contributo alla cultura europea. Esprimiamo la nostra gratitudine nei loro confronti e nelle nostre preghiere per le famiglie ricordiamo in modo speciale quelle che stanno attraversando delle difficoltà.

Nel corso di questi quattro giorni trascorsi insieme abbiamo discusso su argomenti relativi al matrimonio e alla famiglia, così come a vari aspetti dell’etica sessuale. È stata un’opportunità per proclamare e mettere in pratica la nostra fede, pregare il Signore perché ci colmasse delle sue grazie e riflettere su come possiamo collaborare di più fra noi. In particolare, animati dall’amore di Cristo per l’umanità, ci siamo concentrati sulla famiglia, riconoscendo tutti gli sforzi compiuti per promuovere la vita della famiglia nel nostro continente, ma anche esprimendo una grande preoccupazione per la condizione di deterioramento della vita familiare che risulta evidente in molti ambiti della società.

Il matrimonio e la famiglia appartengono all’ordine creato e non sono un prodotto della mera decisione umana. Iscritta nella natura stessa dell’essere umano e rivelataci nella Bibbia, la famiglia, fondata sul matrimonio, è stata stabilita da Dio come un’unione tra un uomo e una donna. La Bibbia ci presenta una visione della famiglia vista come un’unità d’amore che dona la vita, una relazione indissolubile, aperta alla vita.

I – Matrimonio e famiglia

Nel corso di queste giornate, abbiamo ascoltato alcune relazioni riguardanti le visioni della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse in Europa. Eccone una sintesi.

A. Le visioni ortodosse sul matrimonio e la famiglia

Nella tradizione cristiana ortodossa, il matrimonio è visto come un’unione eterna fra gli sposi, rafforzata non soltanto dall’intimità fisica ma anche da quella spirituale. Nonostante la diffusa credenza contraria, la Chiesa ortodossa “in nessun modo chiama i suoi membri a evitare l’intimità corporale o sessuale in quanto tale, poiché le relazioni fisiche tra un uomo e una donna sono benedette da Dio nel matrimonio, in cui diventano una fonte della prosecuzione della razza umana ed esprimono un amore casto, una comunanza totale della “unità delle anime e dei corpi” degli sposi. Secondo il magistero della Chiesa ortodossa, la trasformazione di queste relazioni, che sono pure e degne secondo il piano di Dio, così come del corpo stesso in un oggetto di sfruttamento degradante e di commercio finalizzato a riceverne una soddisfazione egoistica e spesso spersonalizzata, priva di amore e distorta, merita una nostra condanna”.

Secondo l’interpretazione ortodossa, un elemento essenziale dell’unione coniugale e il frutto dell’amore tra un uomo e una donna sono i figli, la nascita ed educazione dei quali costituiscono uno dei fini principali del matrimonio. Secondo questa visione, la Chiesa ortodossa ritiene inammissibili il rifiuto della nascita di un bambino liberamente determinata e la terminazione artificiale della gravidanza. In quanto equivalente all’omicidio, l’aborto è inequivocabilmente rifiutato dalla Chiesa, che insiste sulla responsabilità personale di tutti coloro che prendono parte a questo atto: la donna, l’uomo (in caso di consenso da parte sua) e il medico.

Sulla base della Sacra Scrittura e della Tradizione, la Chiesa ortodossa condanna pubblicamente le relazioni omosessuali, vedendo in esse una distorsione della natura umana così com’è stata creata da Dio. Inoltre, essa rifiuta tutte le forme di fornicazione, di adulterio e di infedeltà coniugale, così come la prostituzione e la promiscuità. Allo stesso tempo, riconosce la necessità di assistere in senso pastorale tutti coloro che hanno delle inclinazioni disordinate e il cui stile di vita non corrisponde all’insegnamento morale del Vangelo.

B. Posizioni cattoliche sul matrimonio e la famiglia

Secondo il Magistero cattolico, così come affermato anche da quello ortodosso, Gesù Cristo ha innalzato il matrimonio naturale alla dignità di un sacramento: “Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”.

Questo valore sacramentale esige la fedeltà fino alla morte fra gli sposi nell’indissolubilità del vincolo matrimoniale. L’amore coniugale tra gli sposi costituisce la base della famiglia, la prima comunione personale in cui un essere umano è nato. Essa deve essere promossa dalla società come la sua cellula fondamentale. La Chiesa cattolica riconosce il vincolo inseparabile voluto da Dio tra i significati unitivo e procreativo dell’amore coniugale. L’esclusione della prole è quindi contraria all’unità dell’amore coniugale. La sessualità viene riconosciuta come una dimensione dell’immagine di Dio negli esseri umani e quindi possiede un valore personale. Gli uomini e le donne devono imparare nel linguaggio del corpo la loro vocazione all’amore responsabile come un vero dono di sé stessi. Le altre espressioni sessuali come la fornicazione, gli atti omosessuali e le unioni sessuali fuori dal matrimonio sono contrarie a questa vocazione all’amore.

II – Missione della famiglia

Dopo aver delineato alcuni elementi del magistero delle nostre Chiese, abbiamo anche sottolineato quanto abbiamo in comune. In questa linea, vorremmo sottolineare le seguenti questioni che di comune accordo riteniamo importanti per il benessere della società.

A. Punti chiave in comune

Il comandamento di Dio nei confronti della prima famiglia umana rimane pertinente per tutte le famiglie successive: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela” (Gn 1, 28). I cattolici e gli ortodossi sono d’accordo sul fatto che la famiglia costituisce l’ambiente morale unico in cui il dono della vita umana dovrebbe essere trasmesso attraverso l’atto coniugale.

L’essere umano è l’unico essere creato a immagine e somiglianza di Dio e questo fatto costituisce la sua dignità particolare. Noi non diamo la vita a noi stessi, e i genitori non costituiscono l’unica fonte della vita umana, dal momento che l’intervento divino è necessario. La sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale dovrebbe essere pienamente rispettata.

Riconosciamo i documenti internazionali costruttivi che sostengono la famiglia. Per esempio, l’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che “l’uomo e la donna in età matura, senza alcuna limitazione dovuta a razza, nazionalità o religione, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia” e che “la famiglia costituisce il nucleo naturale e fondamentale della società e deve essere protetta dalla società e dallo Stato”. Nel passato, la famiglia e la nascita dei figli sono state viste come qualcosa di sacro. Negli ultimi anni, tuttavia, queste nozioni sono state messi in dubbio. È in corso un attacco per modificare il linguaggio e introdurre elementi di ambiguità nei documenti internazionali per mezzo dell’introduzione ideologica della teoria del genere.

Oggi tanto l’uomo quanto la donna sono ugualmente impegnati nella realizzazione del loro potenziale professionale, entrambi si trovano a portare l’onere della responsabilità economica della famiglia. In queste circostanze, le possibilità di dare alla luce e allevare dei figli sono drasticamente ridotte.

Un fenomeno particolarmente tragico è emerso nel ventunesimo secolo in Europa. A causa dei salari che non sostengono le famiglie, centinaia di migliaia di madri e di padri hanno dovuto lasciare le loro famiglie ed emigrare in paesi più ricchi per poter rispondere alle esigenze fondamentali delle proprie famiglie. Questo ha dato come risultato un forte aumento nel numero dei divorzi e nella sofferenza dei figli, molti dei quali sono stati privati della presenza, dell’amore e della cura dei propri genitori.

La visione laica prevalente nella società moderna spesso mina alla base la nozione di maternità vista come vocazione personale. Questa viene talvolta svalutata. Noi, ortodossi e cattolici insieme, insistiamo sulla sacralità della maternità e sulla necessità, da parte della società, di rispettarla. Le madri che rimangono a casa per poter far crescere ed educare i figli dovrebbero ricevere un sostegno sia in senso morale che in senso economico. La loro missione non è in alcun modo meno importante di quella delle altre professioni rispettabili. La maternità è una missione e come tale merita sostegno e rispetto incondizionato. L’idea della paternità è anche fondamentale nella società ed anch’essa ha bisogno di essere riscoperta dalla società contemporanea. È impossibile parlare di una società fraterna senza paternità.

B. Famiglia e educazione

“Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come essenziale, connesso com’è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l’unicità del rapporto d’amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile e inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato”. L’educazione integrale all’interno della famiglia non è limitata semplicemente allo sviluppo dei doni naturali e delle capacità del figlio, ma si riferisce anche ai valori spirituali, in particolare alla trasmissione della fede. I genitori devono essere i primi testimoni del Vangelo. Nella vita della famiglia impariamo il significato della fede come la vera luce che guida la vita di una persona.

L’ambiente più adatto per lo sviluppo armonioso del bambino è la famiglia, composta da un padre, una madre e fratelli e sorelle. Gli altri organismi che aiutano la famiglia nell’educazione dei propri figli devono agire in collaborazione con i genitori, trasmettendo i principi e i valori la cui trasmissione rimane sempre responsabilità primaria dei genitori. Nel contesto dell’educazione, si sente parlare spesso dei diritti dei minori. È una cosa buona, ma tali diritti devono sempre essere considerati nel contesto dell’ambiente familiare.

Il tema dell’educazione sessuale merita una particolare attenzione. Anche in questo caso, i genitori sono i primi insegnanti. Lo scopo principale di tale insegnamento è orientato verso la formazione dei giovani al significato della vita matrimoniale: “L’educazione all’amore come dono di sé costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori chiamati ad offrire ai figli una chiara e delicata educazione sessuale”. Nella famiglia, dove viviamo la nostra prima esperienza di comunione personale, veniamo introdotti nell’amore in tutte le sue dimensioni: la famiglia è il primo luogo della socializzazione personale. Inoltre, i genitori devono offrire informazioni proporzionate ad ogni fase dello sviluppo individuale dei propri figli. Altre entità, come la scuola, per esempio, costituiscono, in questo senso, un aiuto per i genitori.

Una particolare influenza viene esercitata sull’educazione dei bambini e dei giovani da parte dei mass media, che condizionano fortemente le relazioni familiari. I giovani imitano gli esempi che vengono comunicati attraverso i media. Insieme a molti aspetti positivi, tuttavia, i mezzi di comunicazione, purtroppo, sempre di più presentano materiali pornografici e una cultura basata sull’egoismo e sull’individualismo.

Le famiglie che insegnano bene ai propri figli, che sono attente a stabilire dei giusti rapporti fra tutti i membri della famiglia, costituiscono un prezioso capitale umano che è di grande importanza per la società e il suo benessere, tanto economico quanto spirituale. La vita della famiglia genera la cultura: l’uomo impara il linguaggio essenziale della vita e tutto ciò che l’aiuta a diventare pienamente umano. Tutta la cultura, nei suoi inizi e nel suo sviluppo. costituisce un evento familiare.

C. La crisi della nostra società: sfide e opportunità

Oggi ci troviamo ad affrontare una certa ideologia culturale che è emersa con la rivoluzione sessuale nel secolo scorso. Quest’ultima ha dato vita a una profonda crisi nella visione di ciò che deve essere considerato vita umana e familiare. Si tratta di una grande sfida nei confronti dell’evangelizzazione delle Chiese cristiane, che sono attente ai bisogni del cuore dell’essere umano e della sua chiamata a una vita piena in Cristo.

Fra i profondi cambiamenti della società, è emersa recentemente una profonda crisi economica. La crisi nel settore bancario, finanziario ed economico di oggi costituisce uno degli indicatori di una grande svolta nella nostra società mondiale ed europea. Siamo tutti giustamente preoccupati. Tuttavia, un altro elemento vitale di questa svolta è costituito dalla crisi che colpisce la vita della famiglia. Le tendenze demografiche in Europa costituiscono dei chiari segnali di una crisi molto più grande di quella finanziaria. La famiglia, nata dal matrimonio tra un uomo una donna, che genera i figli ed un’estesa rete di relazioni, ha bisogno di essere riscoperta come capitale sociale prezioso. Rivolgiamo un appello ai leader politici e sociali affinché affrontino questa tematica sociale importante prima che sia troppo tardi. Se non si presta attenzione a questa tematica, la carenza di fondi finanziari perderà d’importanza rispetto alla carenza di risorse sociali umane che la famiglia porta con sé.

D’altra parte, esprimiamo gratitudine per ciò che è stato fatto. Molti sviluppi positivi hanno aiutato la famiglia: il recente riconoscimento sociale ed economico, in alcuni pesi, del contributo delle madri alla società, l’assistenza finanziaria e sociale dei portatori di handicap e degli anziani, la copertura medica a favore dei membri svantaggiati della società.

III. Raccomandazioni e appelli

Negli ultimi anni, le Chiese sono diventate consapevoli dell’importanza di sostenere il rinnovamento spirituale e, in particolare, di accompagnare i giovani nel loro cammino per diventare mariti e mogli, padri e madri. Oltre ad assistere tutte le famiglie dal punto di vista pastorale, riconosciamo che dev’essere prestata una cura particolare alle famiglie di recente formazione. Le famiglie emarginate  (spesso famiglie di migranti) meritano una speciale attenzione. La missione della Chiesa consiste nel dare speranza alla nostra società, che oggi si trova ad affrontare molte sfide. Abbiamo bisogno di mostrare segni di solidarietà e, attraverso i media, di comunicare il nostro messaggio positivo riguardo alla famiglia.

Tutti noi insieme, cattolici e ortodossi, offriamo le seguenti raccomandazioni e rivolgiamo un appello a tutte le persone di buona volontà nella società per agire insieme con loro su questi punti:

C’è una necessità molto urgente di riscoprire la cultura della famiglia e del matrimonio. Siamo convinti che una delle cause principali dell’attuale crisi demografica e di tutte le crisi correlate consiste nel rifiuto di questa cultura. Una grande quantità di energia deve essere investita nella promozione della vita della famiglia. La famiglia ha bisogno di essere riscoperta per ciò che può offrire alla società. Nella famiglia, abbiamo nuclei che costituiscono una scuola creativa, dinamica e vitale di socializzazione in molti sensi: educare i membri della famiglia a una scoperta del valore della comunità e dell’alterità, formare in loro una ‘cultura del dare’, incoraggiare l’apertura alla diversità nella solidarietà, facilitare la reciprocità nella comunicazione e fornire una dinamicità verso la scoperta della novità, frutto dell’impegno personale.

Affermiamo che è soltanto nella relazione con Dio che tutti gli esseri umani fioriscono nella loro piena umanità. Seguendo questa linea, è nostra convinzione che, promuovendo l’istituzione della famiglia basata sul matrimonio tra un uomo una donna, l’Europa permetterà il progresso di questa cellula fondamentale della società, che porta in sé un ruolo vitale di liberazione, realizzazione e illuminazione nella società. Riconoscere ciò è l’inizio di un rinnovamento della nostra cultura europea, che sta cercando di aprirsi un varco in questo tempo di profonda ricerca spirituale. Il nostro appello ai leader politici e sociali è il seguente: la famiglia non è una nozione obsoleta! Se riscoperta nel modo giusto, ne rappresenta il futuro. Senza l’amore reciproco nella famiglia, la nostra società muore.

Affermiamo che, dal momento che hanno donato la vita ai propri figli, i genitori godono del diritto originario, primario e inalienabile di educarli. Essi devono essere riconosciuti come i primi e principali educatori – e generalmente i più adatti – dei propri figli. Rivolgiamo un appello alle istituzioni politiche affinché garantiscano il diritto dei genitori a educare i propri figli in conformità con le loro convinzioni morali e religiose, tenendo conto delle tradizioni culturali proprie della famiglia. Questo include il diritto a scegliere liberamente le scuole o i mezzi necessari per educare i propri figli in linea con le proprie convinzioni. In particolare, l’educazione sessuale costituisce un diritto fondamentale dei genitori e deve essere sempre realizzata in conformità con le loro scelte e sotto la loro stretta supervisione.

Vediamo un grande pericolo nell’apparente subordinazione dei bisogni dei figli e del benessere della famiglia agli interessi economici.

Rivolgiamo un appello alle istituzioni pubbliche affinché assicurino che le politiche in materia di remunerazione lavorativa risultino coerenti con la costruzione e il mantenimento di una famiglia nella dignità. Questo può essere ottenuto attraverso normative fiscali che riconoscano il contributo indispensabile della famiglia alla società. Bisognerebbe fare in modo che non fosse necessario che entrambi i genitori fossero necessariamente obbligati a lavorare a tempo pieno fuori casa, a scapito della vita di famiglia e specialmente a scapito dell’educazione dei figli. Rivolgiamo un appello alle istituzioni pubbliche affinché riconoscano e rispettino il lavoro della madre all’interno dell’abitazione familiare, poiché costituisce un valore per la famiglia e per la società. La questione della “custodia dei minori” ha bisogno di una maggiore considerazione, nell’interesse precipuo del minore assunto come principio guida.

Infine, richiamiamo l’attenzione sulla scelta morale dalla quale dipende il futuro dell’intera umanità. La sua essenza è espressa come un punto centrale dell’Alleanza che Dio ha stipulato con l’umanità, realizzata in Cristo: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; 16 poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi (…) perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica (…) io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza” (Dt 30, 15-19).

IV – Accompagnamento

L’esperienza di questo Forum è stata molto positiva per il fatto che abbiamo costruito una fratellanza fra di noi e che questo ci ha permesso di condividere la nostra sollecitudine cristiana nei confronti delle persone. Sulla base di questa bella esperienza, abbiamo intenzione di incontrarci regolarmente per rafforzare le nostre relazioni reciproche e affrontare le sfide comuni che l’Europa si trova davanti.

Final communique on the 11th colloquium of the Pontifical Council for Interreligious Dialogue and the World Islamic Call Society

The Catholic delegation was presided over by Cardinal Jean-Louis Tauran, President of the Pontifical Council for Interreligious Dialogue, while the Muslim delegation was directed by Mr. Ibrahim Rabou, Head Department of Conferences, International Organizations and Relief, in the World Islamic Call Society.

The theme of the Colloquium was “Responsibilities of Religious Leaders especially in Times of Crisis”. The theme was developed in three subthemes: 1) Religious Responsibilities; 2) Cultural and Social Responsibilities, and 3) Times of Crisis on the Path of Interreligious Dialogue.

The Catholic and the Muslim participants agreed on the following:

1) The first and most important responsibility of religious leaders is one of a religious nature, according to their respective religious traditions, to faithfully fulfill them through teaching, good deeds and example, thus serve their communities for the glory of God.

2) Considering the role religions can and should have in society, religious leaders also have a cultural and social role to play in promoting fundamental ethical values, such as justice, solidarity, peace, social harmony and the common good of society as a whole, especially the needy, the weak, migrants and the oppressed.

3) Religious leaders have a special responsibility towards youth, who require particular attention so that they do not fall victim to religious fanaticism and radicalism, receiving rather, a sound education thereby helping them to become bridge builders and peace makers.

4) Taking into consideration that crises of diverse nature, including in interreligious relations, are possible, on a national or international level, religious leaders should learn to prevent, cope with and remedy these particular situations, avoiding their degeneration into confessional violence. This requires a mutual respect and reciprocal knowledge, both cherishing personal relations and building confidence and mutual trust, so as to be able to confront together crises when they occur.

The participants were honoured and pleased to be received by His Holiness Pope Benedict XVI, who expressed his satisfaction and strong encouragement.

The two sides agreed to hold the next colloquium in Tripoli within the next two years.

mons. Mariano Crociata, Discepoli in unità. Una riflessione ulteriore sul nostro cammino di discepoli
Noto, 16 dicembre 2009

Lasciamo sullo sfondo il messaggio paolino – che difficilmente potremo percorrere per intero fino in fondo – per cogliere l’occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani come invito a una riflessione ulteriore sul nostro cammino di discepoli. Un primo spunto viene dalla Giornata del dialogo ebraico–cristiano che precede la settimana e quest’anno si è svolto senza l’adesione da parte degli ebrei italiani. Si deve considerare significativo e – sul piano dell’atteggiamento e del metodo – esemplare, il fatto che la Chiesa italiana abbia voluto celebrare ugualmente la Giornata, per affermare ad oltranza la propria volontà di dialogo, facendosi carico delle ragioni – non solo di quelle che la interpellano direttamente – che hanno indotto gli ebrei a dissociarsi dalla celebrazione. La volontà di dialogo e di unità, per quanto possibile, deve essere capace di fare spazio all’altro anche quando egli non vuole prendere il posto del dialogante in cammino verso la comprensione e l’unità; misura difficile e non sempre praticabile, ma sommamente rispondente alle esigenze del dialogo dinanzi a Dio.

La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, poi, può lasciare molti indifferenti ed estranei, a fronte di una situazione che induce a non percepire il problema, dal momento che le presenze di cristiani di altre confessioni (soprattutto ortodossa e protestante) sono rarefatte nel nostro territorio. In realtà la preghiera per l’unità è un impegno per tutta la Chiesa, e di fatto tutti lo compiamo. Ma dobbiamo stare attenti a non considerarlo un impegno che interessi davvero solo quelle regioni in cui i non cattolici sono numerosi se non addirittura maggioranza. E qui veniamo alle ragioni profonde della nostra preghiera e soprattutto al fatto che esse ci interpellano intimamente. Infatti le divisioni che hanno prodotto storicamente la rottura dell’unità sono le stesse divisioni che minacciano e logorano il tessuto delle nostre comunità, piccole o grandi che siano. Nella misura in cui esistono contrasti e lacerazioni nella Chiesa oggi, nella stessa misura si riproducono le cause che hanno generato lo scandalo della divisione tra i discepoli di Cristo. In un certo senso le offese di oggi all’unità rigenerano, e quindi alimentano e rafforzano, le divisioni del passato che purtroppo perdurano nel presente.
Una lettura spirituale della condizione di unità o di divisione nelle nostre comunità e nella Chiesa di oggi metterebbe in evidenza quanto meno alcune caratteristiche, tra altre, che trovano riscontro puntuale nella situazione e nelle esigenze delle Chiese ai quali san Paolo indirizza le sue lettere. Una prima caratteristica tocca l’identità nuova di corpo di Cristo in cui si viene inseriti in forza del battesimo; essere corpo di Cristo significa essere uno in forza del superamento di tutte le differenze umane, storiche, sociali e culturali nella unione con l’unico capo nella sua morte e risurrezione e nel dono del suo Spirito. Una seconda caratteristica che scaturisce quasi come conseguenza è che tale unità viene minacciata, incrinata o addirittura lacerata quando al posto di Cristo si mette qualcun altro o qualcosa d’altro, quando cioè l’esperienza concreta e la modalità sperimentata di scoperta di Gesù Cristo diventano più importanti dello stesso incontro con lui vivente e risorto. Allora si verifica che si tengono in piedi delle chiesuole, non la Chiesa corpo unito da e in Cristo. Infine l’anima della vera unità è la carità, che consiste nel cercare veramente il bene degli altri e di tutti, prima e insieme al proprio. Invece accade proprio il contrario, e cioè che ciascuno cerchi il proprio interesse, come dice lo stesso san Paolo, e non gli interessi di Cristo. L’occasione della settimana di preghiera offre l’opportunità di riprendere con più attenzione un cammino verso l’unità che ci tocca in prima persona e come Chiesa particolare, chiamata ad esprimere nella comunione che sperimenta la forza coinvolgente e trasformante dell’unico corpo di Cristo nella storia. 

mons. Vincenzo Paglia, Omelia per la Giornata della Pace
Terni, 1 gennaio 2009

Care sorelle e cari fratelli,
abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca: “Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù”. Sono passati esattamente otto giorni dal Natale e la Chiesa ci fa seguire alla lettera il Vangelo come per metterlo in pratica sin dall’inizio. In effetti i cristiani sono coloro che cercano di ascoltare la Parola di Dio e di metterla in pratica. Fu così per Maria. All’annunciazione rispose all’angelo: “avvenga di me come hai detto”. Fu così per Giuseppe: gli apparve in sogno l’angelo che gli disse: “prendi conte Maria e il Bambino”; e cosi fece. Fu così anche per i pastori, i quali dopo aver ascoltato gli angeli, si recarono senza indugio alla grotta e qui trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia.

L’angelo è la parola di Dio, è il Vangelo che ci viene annunciato anche in questo giorno, il primo del 2009, il nuovo anno. Ieri sera abbiamo riflettuto sui fatto che il vero cambiamento del mondo non viene dal movimento della terra attorno al sole, ma dalla nascita del Creatore dell’universo sulla terra, in una stalla. E’ questo l’evento che ha cambiato il corso della storia umana. I pastori se ne resero conto, tanto che, nota l’evangelista, dopo aver visto e udito se ne tornarono glorificando Dio. Cosa avevano udito? Degli angeli che, dicevano loro che era nato il Salvatore. Essi non capirono bene, ma obbedirono. Andarono alla grotta e “videro” il “segno che gli angeli avevano indicato. E cedettero.

Forse ci viene da pensare che loro furono fortunati e magari ci sarebbe piaciuto essere al loro posto. Forse si. Ma, care sorelle e cari fratelli, se guardiamo un po’ più attentamente questo mistero forse noi siamo più fortunati di loro. Certo, forse dobbiamo liberarci un poco da una mentalità natalizia che rischia di farci fare una festa senza ricordare neppure Gesù, o se lo ricordiamo gli togliamo ogni forza di cambiamento. Natale, viene e passa come tutti gli anni, magari con qualche emozione in più, ma null’altro, sepolto in una omologazione consumista generalizzata. Intendiamoci, bisogna fare festa. Ma che sia vera e non vuota.

Anche noi abbiamo ascoltato un angelo: il Vangelo. Anzi, con il libro che vi ho consegnato, Il Vangelo della Messa quotidiana, abbiamo nelle mani la possibilità di ascoltare ogni giorno l’angelo del Signore che ci parla e che ci indica la via da seguire. E l’angelo ci mostra anche il “segno” che accompagna le parole. E due sono i grandi “segni” del Natale: il primo è l’Eucarestia che celebriamo ogni domenica e il secondo sono i poveri. In ambedue infatti c’è la presenza reale di Gesù, appunto, come in quel bambino. Quella Madre che teneva in braccio il Bambino è la Chiesa che ci presenta ancora oggi l’Eucarestia e i poveri. Per questo il giorno di Natale ho voluto che si tenesse il pranzo del poveri in cattedrale, proprio perché si comprendesse il legame che c’è tra l’Eucarestia e i poveri. E il legame è l’amore gratuito: Gesù che si offre come cibo e bevanda; e i poveri che sono invitati ma che non possono ricambiare.

Care sorelle e cari fratelli, l’amore gratuito è il grande dono che Dio ci fa a Natale per farci rinascere. E così, rinati nell’amore, possiamo intraprendere con il passo giusto questo nuovo anno che il Signore ci dona.

Questa nostra società ha bisogno di questo amore evangelico. E’ diventata troppo arida di sentimenti di bontà e di amicizia; spesso è spietata e senza misericordia, come se non avesse più il cuore; non di rado è rassegnata alla forza dilagante dell’egoismo come se avesse perso l’anima; è facile vivere senza avene più speranza e affidarsi alla droga del denaro, della violenza, degli stupefacenti, e così oltre. Nella Lettera Pastorale La via dell’amore sottolineavo l’urgenza dell’amore cristiano, un amore che apre alla generosità, che ci fa uscire dalle nostre abitudini, dai nostri pregiudizi. Care sorelle e cari fratelli, non si esagera mai nell’amare Gesù: alcuni cristiani ancora oggi si lasciano uccidere per la loro fede. Non si esagera mai nell’amare i poveri! L’Eucarestia e i poveri sono la via che il Signore ci indica all’inizio di questo nuovo anno. Essi sono anche la via della pace. Oggi in tutta la Chiesa si celebra la “giornata mondiale della pace”. La Chiesa invita i suoi figli a pregare per la pace. Nel mondo ci sono 34 guerre in corso. E’ a dire che 34 popoli sono afflitti da conflitti che creano vittime e bruciano il futuro di quei popoli. Ci sta particolarmente a cuore quanto sta accadendo nella terra di Gesù. Vogliamo pregare per tutti questi popoli che vedono la morte violenta abbattersi su di loro. Non di rado una delle ragioni che scatena o che inasprisce il conflitto è la povertà. E quest’anno il tema del messaggio è legato proprio a questo problema: “Combattere la povertà, costruire la pace” Si, c’ê una relazione stretta tra la povertà e la guerra. C’è bisogno di innescare un circolo virtuoso: amare i poveri significa togliere terreno alla violenza e alla guerra. E questo deve avvenire già a partire dalle nostre città, dalle nostre case.

Sono lieto che oggi pomeriggio anche qui a Terni si faccia una piccola manifestazione per la pace che parte nel pomeriggio dalla Chiesa di san Pietro per giungere sino a San Lorenzo. E’ un modo bello per partecipare a questa giornata mondiale di preghiera per la pace. Lo facciamo per tutti i popoli in guerra e in particolare per gli israeliani e i palestinesi che proprio in questi giorni vedono le bombe cadere di nuovo dal cielo. Quel bambino Gesù, che è assieme un bambino ebreo e palestinese, oggi forse parla una sola lingua, quella del pianto. Piangono gli uni e gli altri, vittime della violenza cieca. C’è bisogno di insistere con la nostra preghiera perché venga la pace in tutte le terre.

E’ tradizione cantare il primo dell’anno il Veni creator Spiritus. Venga lo Spirito del Signore e “rinnovi la faccia della terra”. Si, venga lo Spirito del Signore e trasformi i cuori dei credenti, perché sciolgano la loro durezza e s’inteneriscano davanti alla debolezza del Bambino. Venga lo Spirito del Signore e trasformi i cuori delle nostre città e dei nostri paesi perché l’odio, l’invidia, la maldicenza, la sopraffazione, il disinteresse siano allontanati. Venga lo Spirito del Signore perché i cuori non siano più traversati dalla violenza e dall’individualismo e crescano il perdono, la misericordia. Venga lo Spirito del Signore e trasformi il cuore delle nazioni e del popoli in guerra perché siano disarmati gli spiriti violenti e si rafforzino gli operatori di pace. Venga lo Spirito del Signore e trasformi il cuore del popoli ricchi perché non siano ciechi di fronte ai bisogni dei popoli poveri e gareggino piuttosto nella generosità. Venga lo Spirito del Signore e trasformi il cuore delle nazioni e dei popoli poveri perché abbandonino le vie della violenza e intraprendano quelle dello sviluppo; trasformi il cuore di ogni uomo e di ogni donna perché riscoprano il volto dell’unico Dio, Padre di tutti.

Share this content: