Toscana Oggi n.44 del 7 Dicembre 2008
Speciale Fondazione Giovanni Paolo II
Ormai sono passati diversi anni e diversi viaggi dal quel primo incontro avuto con la terra di Gesù. Anni che si sono susseguiti e sono passati molto velocemente. Anni in cui ho vissuto momenti straordinari di grazia. Quest’anno mi appresto a vivere l’inizio dell’Avvento a Betlemme. Non mi era mai capitato e ne sono contento. L’attesa del Natale è sempre stato un momento importante per la mia vita. Un’occasione per ripartire e permettere a Dio di venire di nuovo a visitare il mio cuore. E allora iniziare questa attesa a Betlemme è un ulteriore grazia che il Signore mi dona.
Vivere l’attesa del Natale oggi a Betlemme per me vuol dire vivere le attese, le speranze, le fatiche e le sofferenze di tante persone, di tanti giovani, di tante famiglie che non riescono e non possono vivere una vita dignitosa e serena a causa di una occupazione militare che toglie alla persona umana ogni diritto e ogni dignità.
Vivere l’attesa a Betlemme oggi, significa attendere un permesso dell’esercito israeliano per poter uscire e prendere qualche ora di libertà. Jiries ha 17 anni e non è mai uscito dalla sua terra e non è mai andato a Gerusalemme. Jiries è uno dei più bravi ragazzi della sua classe. La sua famiglia è cristiana ortodossa e da secoli vive a Betlemme. Non ha segnalazioni sulla sua scheda. È un ragazzo a posto con la sicurezza. Ma nonostante tutto questo Jiries non ha potuto ottenere il permesso dell’esercito che occupa la sua terra. Jiries attende il permesso di poter uscire da Betlemme e poter almeno visitare Gerusalemme.
Vivere l’attesa a Betlemme oggi, significa attendere la restituzione di quelle terre rubate dai coloni con la collaborazione del governo. Omar ha 45 anni e 6 figli. Aveva un pezzo di terreno dove coltivava un po’ di ulivi e un po’ di alberi da frutto. Era tutto quello che aveva e lo aveva ereditato dai suoi nonni. La famiglia di Omar viveva di questo pezzo di terra raccogliendo i frutti che Dio gli donava. Un giorno sulla sua terra sono arrivati degli stranieri che hanno portato un container e lo hanno piazzato in mezzo al suo campo dicendo ad Omar che da quel momento quella terra diventava la loro. Omar attende la restituzione della sua terra.
Vivere l’attesa a Betlemme oggi, significa attendere che il futuro sempre più buio si rischiari un po’ e diventi un po’ più “rosa”. Shireen ha 23 anni ed è fidanzata con Hani. Da un paio di anni Hani lavora in Qatar per guadagnarsi il necessario almeno per poter affittare una piccola casa. A Betlemme non c’è lavoro e se manca il lavoro manca anche la possibilità di un futuro. Hani fa parte di quel 75% di disoccupati. Ha dovuto lasciare la sua terra per cercare futuro altrove… chissà se ritornerà. Shireen attende che il suo fidanzato ritorni a Betlemme.
Vivere l’attesa a Betlemme oggi, significa attendere una operazione che ti possa dare qualche anno in più di vita. Rames è un bambino di 4 anni. Vive ormai da 2 anni dalle suore che lo hanno accolto perché la sua famiglia non ha la possibilità di curarlo. Il padre ha perso il lavoro e si è rifugiato nell’alcool, e la madre ha altri 8 figli da seguire. Rames ha avuto problemi durante la nascita e non cammina. La spina dorsale è deformata e lui non riesce a stare in piedi. Oltre a tutto questo Rames ha problemi al cuore. Avrebbe bisogno di una operazione al cuore ma a Betlemme non esiste una cardiochirurgia pediatrica per bambini. Qualche fortunato riesce ad avere un permesso ed un intervento a Gerusalemme. Rames non è tra questi. La famiglia e le suore non possono aiutarlo. Rames attende la costruzione di questo ospedale.
È vero, le attese sono molto concrete ma anche il segno che Dio ha scelto per manifestarsi ai pastori e ai Magi qui a Betlemme è un segno molto concreto: un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia! È per questo che considero una grazia iniziare l’Avvento e attendere la nascita del Dio bambino qui nel villaggio dove 2000 anni fa Dio si è fatto uomo ed è venuto ad illuminare le tenebre del mondo. È un dono perché ogni giorno a Betlemme è sempre Natale! Gesù Bambino continua a nascere senza preoccuparsi troppo di quello che c’è fuori. Ogni giorno che nasce un Gesù bambino a Betlemme è festa perché la vita continua a vincere sulla morte. È però anche una grande responsabilità perché come 2000 anni fa Maria e Giuseppe si sono presi cura del bambino così anche noi oggi dobbiamo prenderci cura dei piccoli Gesù Bambini di Betlemme. In questi anni sono stati tanti i progetti effettuati per i bambini di Betlemme dalle nostre chiese toscane e da tante altre realtà sensibili a questa «nuova» povertà. In questi anni se la speranza non è morta del tutto è anche grazie a tante persone di buona volontà che hanno visitato Betlemme e sono rimaste segnate da questa situazione così incredibile di ingiustizia.
Iniziare l’Avvento a Betlemme allora diventa una nuova occasione per ridire il tuo «Eccomi» al Signore che vuole venire a nascere nel tuo cuore. Iniziare l’Avvento a Betlemme diventa l’occasione per invocare la venuta del Principe della Giustizia e della Pace. Solo Lui può rispondere alle attese di Jiries, di Omar, di Shireen, di Rames. E lo può fare solo nella misura in cui noi rispondiamo alle Sue attese. E allora come vogliamo rispondere alle attese di Dio e dei nostri fratelli?
Buon Avvento a tutti!
Don Mario Cornioli
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